Respiriamo l’irrespirabile
polveri e ozono fuori controllo
ma l’Italia non corre ai ripari
In Europa, il nostro paese vanta il triste primato delle morti premature dovute ad inquinamento da ozono (“Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente): circa 3.400 vittime all’anno (dato relativo al 2011), mentre per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (Pm2,5), nello stesso anno ci siamo attestati al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro solo alla Germania. Le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea evidenziano che l’inquinamento atmosferico in Europa ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno. Ad ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1. E il rapporto Mal’aria 2015 di Legambiente evidenzia che polveri e ozono …
Respiriamo l’irrespirabile
polveri e ozono fuori controllo
ma l’Italia non corre ai ripari
In Europa, il nostro paese vanta il triste primato delle morti premature dovute ad inquinamento da ozono (“Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente): circa 3.400 vittime all’anno (dato relativo al 2011), mentre per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (Pm2,5), nello stesso anno ci siamo attestati al secondo posto con circa 64.000 vittime, dietro solo alla Germania. Le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea evidenziano che l’inquinamento atmosferico in Europa ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno. Ad ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1.
Il rapporto Mal’aria 2015 di Legambiente
E non conforta certamente l’ultimo rapporto sull’aria che respiriamo: la situazione, come segnala il rapporto Mal’aria 2015, è maggiormente critica nell’Area padana e in grandi città del Centro Sud. Tra le principali fonti inquinanti nelle città vi è il trasporto su strada.
Siamo solo alla fine di gennaio -evidenzia Legambiente- ma la situazione dell’inquinamento atmosferico del 2015 appare già fuori controllo: 32 capoluoghi hanno registrato, dall’inizio dell’anno ad oggi, oltre 10 giorni di superamento della soglia massima giornaliera consentita di PM10 e in 14 si è registrato un superamento un giorno su due. Tra queste città troviamo tutti i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del centro sud, come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11). Ad aprire la classifica delle città più colpite dalle polveri sottili del 2015 ci sono Frosinone e Parma con 20 giorni di superamento del limite. Un dato in linea con l’anno appena concluso, come dimostrano i dati relativi al 2014 sull’inquinamento atmosferico derivante dalle polveri sottili, dall’Ozono troposferico e dagli Ossidi di azoto nelle nostre città. Dal monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio” infatti, nel 2014 sono risultati ben 33 su 88 i capoluoghi (il 37% di quelli monitorati) in cui almeno una centralina di monitoraggio urbana ha superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il PM10. Anche qui, al primo posto Frosinone con 110 giorni di superamento, seguito da Alessandria (86) e al terzo posto a pari merito Torino, Vicenza e Benevento (77). Per gli altri inquinanti il bilancio è relativo al 2013, ultimo anno per cui è stato possibile reperire i dati a livello nazionale: sono 11 su 63 (il 21%) le città in cui sono stati superati i limiti previsti per il PM2,5 (26mg/mc come media annuale); situazione critica anche per il biossido di azoto dove il 18% (15 capoluoghi) sono risultati fuori dal limite medio annuo e decisamente più critica la situazione relativa all’ozono troposferico (O3) in cui il 59% delle città monitorate (50 su 86) ha superato i 25 giorni previsti dalla legge.
Anche se si registra un miglioramento dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città e una riduzione nelle emissioni di alcuni inquinanti negli ultimi anni, i livelli di esposizione dei cittadini rimangono elevati e spesso ancora ben oltre le soglie consentite dalla normativa. La cattiva qualità dell’aria nelle aree urbane inoltre è alla base di una procedura d’infrazione relativa alla mancata applicazione della direttiva 2008/50/CE aperta nel luglio scorso. Eppure l’Italia era stata già stata condannata tre anni fa relativamente ai superamenti di PM10 per il periodo 2006-2007 in 55 diverse zone ed agglomerati italiani. Nonostante ciò, 13 delle 55 aree già condannate hanno continuato a superare costantemente i limiti per il PM10 anche nel periodo 2008-2012 e si ritrovano di nuovo sotto indagine insieme ad altre 6 nuove zone.
Eppure l’Italia non corre ai ripari
“È quanto mai evidente la necessità di un urgente e decisivo piano di intervento che vada finalmente ad incidere sulle politiche relative alle fonti di inquinamento – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti -, più volte annunciato ma ancora mai attivato a livello nazionale. Le cause si conoscono e le soluzioni ci sono, occorrono la volontà politica e gli strumenti per metterle in campo. Per ridurre le emissioni industriali occorre avviare la rapida approvazione delle Autorizzazione Integrate Ambientali per gli impianti nuovi ed esistenti e promuovere l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili per ridurne gli impatti. Bisogna poi uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili puntando su fonti energetiche rinnovabili; investire nella riqualificazione energetica degli edifici per ridurne i consumi e migliorarne l’efficienza e l’isolamento termico, garantendo così una riduzione nelle emissioni dagli impianti di riscaldamento domestici e affrontare uno dei nodi principali: il trasporto a livello urbano ed extra urbano. Oggi l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante, 65 ogni 100 contro una media europea di 48 circa, con un tasso di motorizzazione addirittura in crescita negli ultimi anni, e il trasporto privato continua ad essere la modalità più diffusa per muoversi verso le città e al loro interno. Solo invertendo questa tendenza e garantendo un trasporto pubblico efficace e competitivo si possono restituire ai cittadini una migliore qualità dell’aria e della vita”.
A livello europeo sarà determinante l’approvazione del pacchetto europeo sulla qualità dell’aria presentato a fine 2013, che rischiava di essere cancellato dalle priorità del parlamento, ma che, grazie anche all’azione congiunta di tante associazioni, comitati e cittadini, è tornato al centro della discussione. Uno strumento che, seppur migliorabile in alcuni aspetti, come specificano le proposte riportate nel presente dossier, porterebbe a livello europeo alla riduzione di 58mila morti premature ed a benefici economici stimabili in 40 – 140 miliardi di euro per anno.
E c’è anche l’inquinamento acustico
Ma non è il solo tipo di inquinamento che preoccupa i Paesi europei, come evidenziano le stime del recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, “Noise in Europe 2014” infatti, quasi il 20% della popolazione dell’Unione europea (oltre 125 milioni di persone) è sottoposta a livelli di inquinamento acustico considerati inaccettabili, per lo più derivanti dal traffico. L’Italia su questo fronte è ancora in grande ritardo, come dimostra anche in questo caso l’apertura di una procedura di infrazione specifica avviata nell’aprile del 2013 ed in fase di messa in mora: l’inadempienza riguarda l’incompletezza dei dati forniti sulla mappatura del territorio, dei piani di azione per la riduzione dell’inquinamento da rumore e l’inadeguatezza della comunicazione ai cittadini, previsti dalla normativa.