Ecosistema rischio: in Lombardia 1.224 Comuni
sottoposti a pericolosità idrogeologica.
E continua a cementificare anche in queste aree
23 novembre 2017. La Lombardia non è esente dal rischio idrogeologico, basti pensare al Seveso, che solo per i danni provocati dalle esondazioni del 2014, ha sostenuto costi pari a 120 milioni. Perché è vero che i cambiamenti climatici stanno portando non solo siccità, ma sempre più frequentemente anche eventi estremi di precipitazioni piovose. Secondo l’ultima classificazione stilata dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nella nostra Regione sono 1.224 su 1.523 i Comuni classificati a elevato rischio, vale a dire l’80,4% del totale. Si tratta di territori sui quali insistono attività produttive, aree residenziali, strutture sensibili e ricettive in aree a rischio esondazioni e frane. Vale la pena di ricordare che, tra le Regioni italiane, la Lombardia, nel 2016 è stata in testa con un consumo di 648 ettari di suolo vergine: di questi, lo 0,7% in aree a pericolosità idraulica e da frana molto elevata (P4) e dello 0,3% in aree a pericolosità elevata (dati ISPRA).
Anche quest’anno…
Ecosistema rischio: in Lombardia 1.224 Comuni
sottoposti a pericolosità idrogeologica.
E continua a cementificare anche in queste aree
23 novembre 2017. La Lombardia non è esente dal rischio idrogeologico, basti pensare al Seveso, che solo per i danni provocati dalle esondazioni del 2014, ha sostenuto costi pari a 120 milioni. Perché è vero che i cambiamenti climatici stanno portando non solo siccità, ma sempre più frequentemente anche eventi estremi di precipitazioni piovose. Secondo l’ultima classificazione stilata dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nella nostra Regione sono 1.224 su 1.523 i Comuni classificati a elevato rischio, vale a dire l’80,4% del totale. Si tratta di territori sui quali insistono attività produttive, aree residenziali, strutture sensibili e ricettive in aree a rischio esondazioni e frane. Vale la pena di ricordare che, tra le Regioni italiane, la Lombardia, nel 2016 è stata in testa con un consumo di 648 ettari di suolo vergine: di questi, lo 0,7% in aree a pericolosità idraulica e da frana molto elevata (P4) e dello 0,3% in aree a pericolosità elevata (dati ISPRA).
Anche quest’anno, Legambiente ha presentato il documento Ecosistema Rischio, il dossier di monitoraggio finalizzato a valutare l’esposizione al rischio idrogeologico nel nostro territorio e l’efficacia di attività di prevenzione e mitigazione condotte dalle amministrazioni locali, sia attraverso una corretta gestione del territorio e dei corsi d’acqua, sia attraverso l’organizzazione e la crescita dei sistemi locali di protezione Civile, dipinge un quadro ancora dalle tinte fosche.
Solo 360 su 1.200 Comuni rispondono a Legambiente
Il documento è stato realizzato dall’associazione del Cigno verde attraverso un questionario sottoposto ai Comuni classificati come a rischio. Degli oltre 1.200 presenti nella nostra regione, hanno risposto solamente in 360, il 31% dei Comuni a rischio. Il dato positivo è che di questi l’88% dichiara di avere un piano di emergenza, ma solo il 24% svolge attività di informazione dei cittadini sui rischi del proprio territorio.
“La Lombardia negli ultimi anni ha investito molto in opere di mitigazione e prevenzione, non si può abbassare la guardia, perché viviamo in un territorio fortemente antropizzato, dove spesso si sceglie di arginare e intubare i corsi d’acqua piuttosto che restituire loro un naturale deflusso e dove gli agglomerati urbani continuano a crescere, in un’azione smodata di consumo ed erosione dei suoli. – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – Nell’edizione 2017 ci sarebbe piaciuto avere una partecipazione più ampia da parte dei Comuni nella comunicazione dei dati sulle attività che svolgono per mantenere la sicurezza dei propri abitanti, in quanto il dossier rappresenta uno strumento utile per fare una doverosa informazione ai cittadini sui rischi che corrono e su cosa fare e dove andare in caso di emergenza”. E anche nel Parco Agricolo Sud Milano, non mancano gli esempi: ultimo tra i tanti, il progetto del comune di Assago di intubare la roggia Corio in due tratti, in via Garibaldi e via Verdi.
Come mostrano i dati raccolti nel dossier, in Lombardia ancora il 60% delle abitazioni è in aree sensibili a rischio frane e allagamenti, ma il dato positivo è che il 55% dei Comuni che hanno aderito all’indagine ha svolto azioni di mitigazione e oltre il 70% opere di manutenzione nell’ultimo anno, ma solo il 2,5% ha operato delocalizzazioni di edifici e aziende da aree a rischio.
Il territorio è un bene comune, non dei Comuni
Il dossier raccoglie le risposte fornite dai Comuni suddividendole in aree tematiche: esposizione a rischi, attività di prevenzione e sistema locale di protezione civile. In particolare le voci indagate riguardano: presenza di industrie, case, interi quartieri e strutture sensibili, turistiche o commerciali in aree a rischio idrogeologico; attività di edificazione nell’ultimo decennio; manutenzione ordinaria sponde e opere difesa idraulica: opere di mitigazione; intubazione di corsi d’acqua; delocalizzazione di case e/o fabbricati industriali da aree a rischio; recepimento del PAI (Piano per l’Assetto Idrogeologico: è uno strumento fondamentale della politica di assetto territoriale delineata dalla legge 183/89, che ha avviato in ogni regione la pianificazione di bacino); attività di monitoraggio; redazione di un piano d’emergenza comunale e il suo aggiornamento; recepimento del sistema di allertamento regionale; attività di informazione e sensibilizzazione alla popolazione ed esercitazioni rivolte ai cittadini.
Il territorio è un bene comune: riteniamo che si debba restituire il giusto spazio ai corsi d’acqua, sempre più assediati dal cemento, ed effettuare una pianificazione territoriale intelligente e attenta al consumo di suolo.