Prezzo del riso a -56% per l’import dall’Oriente
a rischio anche i territori del Parco Sud
I risicoltori si mobilitano per ottenere l’IGP
27 maggio 2017. Nelle borse di Milano, Vercelli, Novara e Pavia il carnaroli oggi viene venduto da un minimo di 374 a un massimo di 405 euro la tonnellata, pari a 0,374 e 0,405 euro al chilo. Ufficialmente l’anno scorso era quotato a 728 euro, il 55,63% più di adesso.
Cosa sta succedendo? Rispetto al 2009, secondo stime della Coldiretti, le importazioni in Europa di risone e di riso lavorato nel 2016 sono aumentate rispettivamente del 5.650% e del 4.440%.
Cosa sta succedendo? Quantità esorbitanti di riso e risone vengono importate: i Paesi esportatori sono soprattutto Cambogia, Myanmar e Vietnam, i cosiddetti Pma, Paesi meno avanzati che operano in regime Eba (possono esportare tutto tranne le armi) a dazio zero. È vero che Paesi dell’oriente sono fortissimi nella quantità produttiva, ma lo sono molto meno sotto il profilo qualitativo rispetto al riso italiano, che ha una qualità controllata su tutta la filiera: dalla coltivazione, alla raffinazione e fino alla trasformazione segue rigide normative. “Non è possibile tollerare che a noi sia vietato l’uso di alcuni fitofarmaci, gli stessi che invece sono usati dai competitor esteri” lamenta Giovanni Perinotti, presidente di Confagricoltura Vercelli Biella.
Che fare per fronteggiare una simile concorrenza basata esclusivamente sul fattore prezzo?…
Prezzo del riso a -56% per l’import dall’Oriente
a rischio anche i territori del Parco Sud
I risicoltori si mobilitano per ottenere l’IGP
27 maggio 2017. Nelle borse di Milano, Vercelli, Novara e Pavia il carnaroli oggi viene venduto da un minimo di 374 a un massimo di 405 euro la tonnellata, pari a 0,374 e 0,405 euro al chilo. Ufficialmente l’anno scorso era quotato a 728 euro, il 55,63% più di adesso.
Cosa sta succedendo? Rispetto al 2009, secondo stime della Coldiretti, le importazioni in Europa di risone e di riso lavorato nel 2016 sono aumentate rispettivamente del 5.650% e del 4.440%.
Cosa sta succedendo? Quantità esorbitanti di riso e risone vengono importate: i Paesi esportatori sono soprattutto Cambogia, Myanmar e Vietnam, i cosiddetti Pma, Paesi meno avanzati che operano in regime Eba (possono esportare tutto tranne le armi) a dazio zero. È vero che Paesi dell’oriente sono fortissimi nella quantità produttiva, ma lo sono molto meno sotto il profilo qualitativo rispetto al riso italiano, che ha una qualità controllata su tutta la filiera: dalla coltivazione, alla raffinazione e fino alla trasformazione segue rigide normative. “Non è possibile tollerare che a noi sia vietato l’uso di alcuni fitofarmaci, gli stessi che invece sono usati dai competitor esteri” lamenta Giovanni Perinotti, presidente di Confagricoltura Vercelli Biella.
Ci sono anche i risicoltori del Parco Agricolo Sud Milano
Che fare per fronteggiare una simile concorrenza basata esclusivamente sul fattore prezzo? È questa la domanda che si pongono i risicoltori. “Dobbiamo puntare sulla qualità, sull’identità territoriale e sul valore del made in Italy: le province di Pavia e Milano producono il 90% del Carnaroli e dell’Arborio prodotti nel mondo. Quindi ci stiamo mobilitando e raccogliendo firme tra i risicoltori delle province di Milano, Pavia e Lodi, per raggiungere l’obiettivo di istituire un’area di produzione del riso Carnaroli con il marchio europeo IGP (*) – Indicazione Geografica Protetta. Ma si potrebbe puntare anche sulla DOP (**) – Denominazione di Origine Protetta. Se riusciamo a creare un’IGP o una DOP possiamo espandere la produzione anche nelle altre province e difenderla” ci spiega un agricoltore del Parco.
Facendo rete si può intraprendere questo iter verso la garanzia di qualità, che è alquanto complesso. Ora attendono una risposta da parte di Giovanni Fava, assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia. Che però tarda a ricevere i risicoltori che hanno chiesto da tempo un incontro in merito. “Una quindicina di giorni fa -aggiunge l’agricoltore del Parco Sud- tutti insieme, abbiamo tempestato di mail l’assessore. Speriamo sia servito e che presto ci fissi un appuntamento”. Forse, saranno ricevuti nella prima settimana di giugno.
E, in effetti, un marchio di identificazione dell’origine del prodotto e della qualità certificata potrebbe far recuperare terreno ai risicoltori delle tre province: unite, le coltivazioni di riso di Milano, Lodi e Pavia coprono oltre 100mila ettari (84mila PV, 14mila MI, 2.500 LO) e, in termini di quantità, Pavia produce 5,6 milioni di quintali, Milano 797mila q e Lodi 125mila q: pari a circa il 50% della produzione italiana, che detiene il primato europeo di produzione (dati Istat Agricoltura 2016).
Speriamo che l’assessore all’Agricoltura della Regione prenda atto della gravità della situazione dei risicoltori e si muova di conseguenza. Non possiamo perdere un patrimonio economico e agricolo, che ha fortemente inciso sulla cultura e sul paesaggio del nostro territorio: il riso!
* La sigla DOP (Denominazione di Origine Protetta) estende la tutela del marchio nazionale DOC (Denominazione di Origine Controllata) a tutto il territorio europeo e, con gli accordi internazionali GATT, anche al resto del mondo. Il marchio designa un prodotto originario di una regione e di un paese le cui qualità e caratteristiche siano essenzialmente, o esclusivamente, dovute all’ambiente geografico (termine che comprende i fattori naturali e quelli umani). Tutta la produzione, la trasformazione e l’elaborazione del prodotto devono avvenire nell’area delimitata.
** La sigla IGP (Indicazione Geografica Protetta) introduce un nuovo livello di tutela qualitativa che tiene conto dello sviluppo industriale del settore, dando più peso alle tecniche di produzione rispetto al vincolo territoriale. Quindi la sigla identifica un prodotto originario di una regione e di un paese le cui qualità, reputazione e caratteristiche si possono ricondurre all’origine geografica, e di cui almeno una fase della produzione, trasformazione ed elaborazione avvenga nell’area delimitata.
Entrambi questi riconoscimenti comunitari costituiscono una valida garanzia per il consumatore, che sa così di acquistare alimenti di qualità, che devono rispondere a determinati requisiti e sono prodotti nel rispetto di precisi disciplinari. Costituiscono inoltre una tutela anche per gli stessi produttori, nei confronti di eventuali imitazioni e concorrenza sleale.