Da gennaio 2017 latte, burro e mozzarella
riporteranno in etichetta
il Paese di produzione e di lavorazione

“Chi tace acconsente” vale anche nelle norme Ue: sono infatti scaduti i tre mesi dalla notifica previsti dal regolamento 1169/2011 quale termine per rispondere agli Stati membri che ritengono necessario adottare una nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti. Così, dal 1° gennaio 2017, le confezioni di latte, burro e mozzarella avranno nuove etichette per aiutare i consumatori a scegliere.
In Italia, tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti sono stranieri, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta. E anche nel Parco Sud la filiera del latte è una risorsa…

Da gennaio 2017 latte, burro e mozzarella
riporteranno in etichetta
il Paese di produzione e di lavorazione

“Chi tace acconsente” vale anche nelle norme Ue: sono infatti scaduti i tre mesi dalla notifica previsti dal regolamento 1169/2011 quale termine per rispondere agli Stati membri che ritengono necessario adottare una nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti. Così, dal 1° gennaio 2017, le confezioni di latte, burro e mozzarella avranno nuove etichette per aiutare i consumatori a scegliere.
Un risultato annunciato da Coldiretti nell’ambito del Forum agricolo di Cernobbio. Secondo il sindacato agricolo “ora ci sono tutte le condizioni per alzare il prezzo pagato agli allevatori e chiedere l’immediata apertura del confronto con l’industria lattiero casearia italiana per tenere conto della nuova situazione di mercato”.
Il via libera comunitario risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che, stando alla consultazione pubblica online del Ministero dell’agricoltura, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione.
Il provvedimento, che entra in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e quindi auspicabilmente dal primo gennaio 2017 come è stato previsto per un testo analogo in Francia, riguarda l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:
a) paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte;
b) paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato;
c) paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato;
Qualora il latte, incluso quello usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della dicitura: “origine del latte: nome del paese”. Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi UE” per l’operazione di trasformazione. Infine se le operazioni avvengono nel territorio di più paesi situati al di fuori dell’Unione Europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di trasformazione.
“Con l’etichettatura di origine -ha affermato Roberto Moncalvosi, presidente di Coldiretti- si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta”.
Si tratta anche di un forte segnale di cambiamento a livello comunitario, raggiunto anche grazie all’alleanza con la Francia, che ha adottato un analogo provvedimento.
Così, gli allevatori zootecnici italiani, che contano complessivamente 1,7 milioni di mucche da latte, possono mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che -stando alle dichiarazioni di Coldiretti- sarebbe garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa.

 

Anche nel Parco Sud la filiera del latte è una risorsa

Ad essere tutelati sono anche i consumatori italiani che nel 2015 hanno acquistato una media di 48 kg di latte alimentare a persona, mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi con 20,7 kg per persona all’anno, dietro ai francesi con 25,9 kg a testa.
L’obbligo di indicare l’origine in etichetta – continua la Coldiretti – salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale.
Il provvedimento salva 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi che è la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’immagine del Made in Italy. La scelta di trasparenza fatta in Italia – conclude la Coldiretti – è importante per essere più forti anche nella lotta all’agropirateria internazionale sui mercati esteri dove i formaggi Made in Italy hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) nel 2015.
Nel Parco Agricolo Sud Milano, che si esterne su 47mila ettari, vi è un’ampia presenza di coltivazioni foraggere, con si cui si alimentano allevamenti di bovini da latte, in grado di determinare una produzione di latte per consumo umano tra i 50 e i 100 litri per abitante in un anno. Una parte crescente di tali produzioni sono orientate al biologico e, in generale, grazie all’azione dei Distretti agricoli, l’indirizzo è sempre più improntato alla produzione di formaggi venduti a km zero, sia attraverso la vendita diretta in cascina, sia Gas e, di recente, anche nei supermercati grazie al distretto DAM (vedi articolo)
15 ottobre 2016

Da gennaio latte, burro e mozzarella riporteranno in etichetta il Paese di produzione e di lavorazione

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