Balle planetarie sulle energie fossili
sussidi per 5.300 miliardi di $
l’Italia, mentre affossa le rinnovabili,
sostiene il petrolio con 15 miliardi di €
Mentre a Parigi si cerca un accordo per tentare di contrastare il riscaldamento della Terra e gli effetti dei cambiamenti climatici, mentre tutti i big hanno fatto a gara per risultare i migliori nei loro discorsi su come salvare le future generazioni, da un rapporto di Legambiente si scopre che in Italia, come pure nel resto del Pianeta, si continua a sostenere i combustibili fossili: nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5.300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto) secondo l’ultimo studio del Fondo Monetario Internazionale. Tanto quanto il 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Tra i maggiori investitori la Cina con 2.272 miliardi (+22%), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14%) e Russia con 335 miliardi (5.7%). Mentre in Europa è la Germania la maggior sostenitrice delle fonti fossili con 55,6 miliardi di dollari (+10.5%), seguita dal Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2%) e dalla Francia con 30,1 miliardi (+13.2%). Seguono Spagna – 24,1 miliardi, Repubblica Ceca – 17,5 miliardi. Il nostro Paese, che negli ultimi tre anni ha drasticamente tagliato i sussidi all’energia pulita, secondo il rapporto di Legambiente eroga ben 14,7 miliardi di euro all’anno in aiuti al comparto delle energie fossili! Sussidi che, oltre ad aumentare le emissioni di gas serra e provocare il riscaldamento globale, creano gravissime distorsioni al cosiddetto libero mercato e aggravano i già traballanti bilanci statali.
Eppure, nel 2014 le fonti rinnovabili hanno garantito oltre il 38% dei consumi elettrici, con un balzo impressionante rispetto a dieci anni prima, quando eravamo al 15,4%. Nel solare l’Italia vanta addirittura un record mondiale di…
Balle planetarie sulle energie fossili
sussidi per 5.300 miliardi di $
l’Italia, mentre affossa le rinnovabili,
sostiene il petrolio con 15 miliardi di €
Mentre a Parigi si cerca un accordo per tentare di contrastare il riscaldamento della Terra e gli effetti dei cambiamenti climatici, mentre tutti i big hanno fatto a gara per risultare i migliori nei loro discorsi su come salvare le future generazioni, da un rapporto di Legambiente si scopre che in Italia, come pure nel resto del Pianeta, si continua a sostenere i combustibili fossili:nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5.300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto) secondo l’ultimo studio del Fondo Monetario Internazionale. Tanto quanto il 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Tra i maggiori investitori la Cina con 2.272 miliardi (+22%), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14%) e Russia con 335 miliardi (5.7%). Mentre in Europa è la Germania la maggior sostenitrice delle fonti fossili con 55,6 miliardi di dollari (+10.5%), seguita dal Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2%) e dalla Francia con 30,1 miliardi (+13.2%). Seguono Spagna – 24,1 miliardi, Repubblica Ceca – 17,5 miliardi. Il nostro Paese, che negli ultimi tre anni ha drasticamente tagliato i sussidi all’energia pulita, secondo il rapporto di Legambiente eroga ben 14,7 miliardi di euro all’anno in aiuti al comparto delle energie fossili! Sussidi che, oltre ad aumentare le emissioni di gas serra e provocare il riscaldamento globale, creano gravissime distorsioni al cosiddetto libero mercato e aggravano i già traballanti bilanci statali.
Eppure, nel 2014 le fonti rinnovabili hanno garantito oltre il 38% dei consumi elettrici, con un balzo impressionante rispetto a dieci anni prima, quando eravamo al 15,4%. Nel solare l’Italia vanta addirittura un record mondiale di produzione rispetto ai consumi complessivi. Invece di esaltare questo successo che testimonia l’affidabilità di queste tecnologie, e di promuoverle in modo da diminuire la nostra dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti, si è scelto di porre un blocco. A motivare questa scelta è l’impatto che le rinnovabili hanno avuto sulla produzione elettrica italiana, che è stato tale da determinare, assieme alla riduzione dei consumi dovuti alla crisi economica e all’aumento dell’efficienza, la crisi delle vecchie e inquinanti centrali termoelettriche, portando alla chiusura di decine di impianti. Anziché sfruttare positivamente questo dato, il Governo Renzi e l’Autorità per l’energia si sono mosse solo per salvare il vecchio sistema, ancorato su alcuni grandi gruppi e centrali da fonti fossili.
Con l’aggravante che sono almeno 4 anni che le politiche energetiche in Italia hanno scelto come bersaglio da colpire le rinnovabili, da parte di Governi diversi, ma è in particolare con quello guidato da Matteo Renzi che si è accentuata questa situazione. La risposta sta nelle evidenti pressioni e capacità di influenza dei grandi gruppi che vendono e producono energia da petrolio, carbone e gas. Lo dimostrano i provvedimenti presi per semplificare in ogni modo le trivellazioni di petrolio e gas nel Mediterraneo. Una scelta che fa l’interesse di qualcuno, miope e inutile da un punto di vista dell’interesse generale vista la scarsità delle risorse estraibili, e pericolosa da un punto di vista ambientale, e che proprio per questo sta vedendo una forte e diffusa opposizione nei territori. Tanto che 10 Regioni hanno deliberato contro e chiesto di indire un referendum su questa scelta (scarica il dossier Stop alle rinnovabili – Legambiente).
Per “scoprire” come vengono ripartiti i sussidi di 14,7 miliardi di euro alle fonti energetiche inquinanti, riprendiamo l’articolo che pubblica oggi, 4 dicembre, La Stampa, a firma di Roberto Giovannini.
Clima, Italia come Pinocchio: 15 miliardi l’anno di sussidi alle fonti fossili
Si tratta di una sorpresa non molto “sorprendente”: la strategia energetica varata dal governo in carica ha ufficialmente riaperto la stagione delle trivellazioni petrolifere, tra mille polemiche, e ha confermato un drastico ulteriore taglio degli incentivi alle rinnovabili. Qualche giorno fa il premier Matteo Renzi si è presentato a Parigi alla COP21 spiegando che l’Italia conta su due “player” come simbolo e protagonisti della nuova era energetica: l’Enel (che in effetti in pochi mesi ha varato una svolta verde, ancora però tutta da sostanziare) e l’Eni. Ovvero uno dei maggiori gruppi planetari del settore degli idrocarburi più tradizionali, come il petrolio e il gas, accusato in Nigeria di adottare politiche ambientali distruttive.
Come si arriva a quota 14,7 miliardi di sussidi alle fonti fossili per il nostro paese soltanto per il 2015? Sommando i molti sussidi diretti e indiretti, erogati in forme diverse: esoneri dall’accisa, sconti, finanziamenti per opere e altro ancora, distribuiti ad autotrasportatori, centrali per fonti fossili e imprese energivore, sconti e regali per le trivellazioni. Tutte attività che inquinano l’aria, danneggiano la salute e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici. Per semplicità, lo studio non considera i costi da esternalità legati a queste attività, come ad esempio l’inquinamento generato o i costi sanitari connessi. E i curatori denunciano la scarsissima trasparenza con cui vengono dato questi fondi.
Si cominci con i 4,7 miliardi di euro di sussidi al trasporto. In questo pacchetto rientrano fondi diretti al settore, sconti sui pedaggi autostradali, riduzioni sui premi INAIL e RCA oltre a deduzioni forfettarie non documentate, ma anche esenzioni dall’accisa sul gasolio impiegato come carburante per l’autotrasporto merci. Ulteriori riduzioni sulle accise sui carburanti vengono concesse alle imprese che operano nel settore del trasporto aereo e marittimo; a quelle del comparto della pesca. Ma anche a chi ha un’attività in campo agricolo, orticolo, di allevamento, silvicoltura, piscicoltura e florovivaistica.
Ben 907 milioni vanno alle centrali che utilizzano fonti fossili con lo schema del Cip6, ovvero impianti alimentati a combustibili di processo o residui o recuperi di energia e impianti alimentati con combustibili fossili o idrocarburi. Queste centrali avranno acquistata la loro energia a un prezzo più alto di quello di mercato da parte del GSE e garantita dal prelievo in bolletta dei cittadini e dalla vendita dell’energia prodotta.
Sono 2 miliardi i miliardi di euro che vengono erogati attraverso la cosiddetta RIU impianti da fonti fossili. Stiamo parlando di un meccanismo di elusione fiscale collegato alle cosiddette Reti Interne di Utenza di fabbriche, centrali, impianti siderurgici e raffinerie che si producono energia elettrica per “uso interno”. A parte i 74 milioni che vanno alle centrali elettriche nelle isole minori (che potrebbero tranquillamente usare fonti pulite) ben 1,16 miliardi di aiuti vanno alle cosiddette imprese energivore, sotto la forma di sconti ai grandi consumatori di energia (aziende che lavorano i metalli e così via). Sconti che non premiano efficienza e risparmio, in modo da generare riduzioni strutturali di consumi e di spesa per la bolletta, ma tengono artificialmente sul mercato aziende che non sono in realtà più concorrenziali.
Sono 639 i milioni di euro erogati ogni anno per assicurare il cosiddetto servizio di interrompibilità; in pratica gli utilizzatori finali di energia elettrica (generalmente grandi e grandissime aziende con consumi stabili) vengono rimborsate perché concedono il diritto al gestore della rete (oggi Terna) di tagliare all’improvviso la fornitura di elettricità qualora ci fossero esigenze straordinarie e si dovesse isolare la rete per evitare blackout. Ben 2,1 miliardi vengono dati alle aziende che trivellano il suolo in caccia di idrocarburi, sotto forma di royalties molto basse rispetto al resto d’Europa per le imprese che scavano; in altri casi ci sono esenzioni totali, o i canoni per i permessi di prospezione sono inalterati da anni. Circa 947 milioni svaniscono per finanziare una serie di esenzioni e riduzioni (ad esempio per aree geografiche e settori economici svantaggiati) che potrebbero tranquillamente essere sostituiti da aiuti “green”. Infine, altri 2,1 miliardi vengono spesi per il finanziamento di progetti internazionali legati alle fonti fossili, attraverso partecipazioni e acquisizioni in società petrolifere e gasiere da parte di Cassa depositi e prestiti e garanzie di credito all’esportazione fornite dai servizi assicurativi del Commercio estero.