Fanghi tossici in agricoltura:
ecco come si stanno muovendo le autorità
per andare verso le bonifiche
(di Pietro Gorlani – da Il Corriere della Sera del 3 luglio 2021)
La filiera del disastro messo in atto dalla Wte — lo spargimento di 150 mila tonnellate di fanghi tossici spacciati per fertilizzanti e finiti su 3mila ettari di campi tra il 2018 e il 2019 — ora è completa. I Carabinieri Forestali, su sollecito degli enti locali e con il benestare della Procura, hanno inviato a 78 comuni del nord Italia (31 sono bresciani) l’elenco degli spargimenti e anche delle aziende agricole interessate. Comuni che ora possono capire nel dettaglio dove sono avvenuti.
E si inizia ad intravvedere il difficilissimo iter della possibile (ma improbabile) bonifica. Il ministero della Transizione Ecologica nel rispetto del Testo unico ambientale, vuole che siano i comuni a chiedere la rimozione dei rifiuti alla Wte ed ai proprietari dei terreni. Se si rifiuterà (stesso caso di quanto accaduto alla Caffaro) l’intervento ricadrebbe su gli stessi comuni o in seconda battuta sulla Regione. Un compito titanico, visto che togliere i primi 30 centimetri (la superficie arabile) da 3mila ettari di campi significa portare in discarica (o ad impianti di trattamento) la bellezza di 10 milioni di metri cubi di terreni. Non basterebbero nemmeno i 12 milioni che la Procura ha preventivamente sequestrato alla Wte. Un iter che si preannuncia difficile, in quanto negli ultimi due anni quegli stessi terreni possono aver ricevuto altri liquami, non per forza della Wte.
Iter che riguarderà 31 comuni bresciani oggetto di spargimenti. Oltre ai nomi già noti (Calcinato, Quinzano, Calvisano, Mazzano, Lonato, Manerbio, Montirone, Fiesse) si aggiungono Brescia, Bagnolo Mella, Bedizzole, Botticino, Dello, Leno, Gambara, Ghedi, Isorella, Offlaga, Nuvolera, Orzinuovi, Ospitaletto, Pavone Mella, Pontevico, Poncarale, Pralboino, Remedello, Rezzato, Roccafranca, San Paolo, Verolanuova, Visano. Insomma, un comune bresciano su sette (solo nei due anni dell’indagine) ha ricevuto i fanghi della Wte. I 95 conferimenti registrati riguardano una sessantina di aziende agricole bresciane di cui ora i sindaci sanno i nomi. Sono 176 i conferimenti nelle aziende agricole di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia. Alcune sapevano benissimo che si trattava di rifiuti e non di fertilizzanti; quanto meno lo sapevano i contoterzisti indagati dalla Procura insieme all’amministratore della Wte (Giuseppe Giustacchini) ed ai suoi dipendenti: i contoterzisti Simone e Cristian Bianchini di Mazzano, Luca e Oscar Franzoni di Calvisano, Cristian e Gianbattista Bonetti di Fiesse e Vittorio Balestrieri di Castelvisconti (Cr). Altri agricoltori potranno sempre dire che la Wte spacciava i suoi fertilizzanti tossici per innocui scarti della lavorazione alimentare. Ma è strano che non insospettisse l’odore nauseabondo dei fanghi o l’offerta di aratura gratuita. E sarebbe bastato digitare sul web il nome «Wte» per leggere delle annose battaglie dei residenti esasperati dai miasmi mefitici.
Il tema ora è: come bonificare quei terreni? A rigor di logica andrebbero prima effettuate analisi per capire dove sussiste un rischio ambientale. Il direttore generale del ministero Giuseppe Lo Presti chiede ad Arpa, Regione, Province, Comuni, Prefettura «di fornire dettagliate informazioni» sullo «stato ambientale delle aree interessate dall’illecito spargimento di fanghi» e «comunicare se le risultanze analitiche confermano l’esistenza di una contaminazione. In tale ipotesi, il Comune, o la Regione nel caso questo non provveda, dovrà procedere d’ufficio alla bonifica del sito se il responsabile individuato dalla Provincia non vi provveda». Si apre un rebus normativo: è lo stesso ministero a ricordare che quei gessi di defecazione «non essendo mai stati sottoposti ad un’effettiva operazione di recupero devono considerarsi a tutti gli effetti rifiuti».
E in quanto rifiuti vanno rimossi a prescindere dalle analisi Arpa. «Il sindaco del comune del luogo ove siano presenti i rifiuti deve disporre con ordinanza le operazioni finalizzate alla rimozione degli stessi ed il termine entro cui deve provvedervi il responsabile in solido con il proprietario dell’area». Se Wte e proprietari non lo faranno spetta ai sindaci, che potranno poi rivalersi economicamente sui primi. Concetti approfonditi nella commissione regionale Agricoltura che ieri ha udito sul tema il direttore di Arpa Lombardia Fabio Carella e quello del dipartimento di Brescia, Fabio Cambielli. «I comuni dovranno chiedere alle singole aziende agricole i mappali di dove sono finiti i gessi ma se da agosto 2019 in poi sono stati sparsi altri concimi non è più dimostrabile la correlazione diretta tra inquinanti e Wte». Le ordinanze dei sindaci rischiano di restare lettera morta. Cambielli ricorda però la capacità degli ecosistemi di «ripristinare le condizioni originarie dei terreni» come accaduto nel Pavese nel 2017 con fanghi ricchi di idrocarburi.