Pesticidi nelle acque: un campione su 3 fuori legge
Preoccupano per la salute umana
l’effetto accumulo e il mix di veleni
26 gennaio 2021. Reso noto, alla vigilia di Natale, il rapporto dell’autorevole centro pubblico Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Si trovano tracce di pesticidi in più di un campione su tre di acque superficiali. Il glifosato la fa da padrone.
Il rischio pesticidi in Italia è estremamente elevato. Lo conferma anche l’ultimo rapporto di Ispra evidenzia scientificamente quanto veleno in Italia viene sparso sui campi per poi “scendere” nelle acque.
La contaminazione da pesticidi delle acque è diffusa, mette a rischio la salute ambientale e umana, e per uno dei problemi maggiori, quello del mix di sostanze chimiche di sintesi, non ci sono studi approfonditi né tantomeno limiti di legge. Sono stati trovati pesticidi nel 77,3% dei 1.980 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 32,2% dei 2.795 punti di monitoraggio delle acque sotterranee. Sono state cercate complessivamente 426 sostanze e ne sono state trovate 299. Gli insetticidi sono la classe di sostanze più rinvenute, a differenza del passato, quando erano gli erbicidi.
Sempre dal rapporto Ispra: “Nelle acque superficiali, 415 punti di monitoraggio (21% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, il metolaclor e i fungicidi dimetomorf e azossistrobina; nelle acque sotterranee, 146 punti (il 5,2% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti. Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: gli erbicidi glifosate e AMPA, il bentazone e i metaboliti atrazina desetil desisopropil e i fungicidi triadimenol, oxadixil e metalaxil”.
Il glisofato impera
Nel complesso, si trovano tracce di pesticidi in più di un campione su tre di acque superficiali. Il glifosato è quello più evidente: il monitoraggio evidenzia che su 5 i valori sono oltre i limiti di legge.
La situazione a livello nazionale è drammatica. Entrando nel dettaglio regionale può sorgere qualche dubbio sulla “classifica” delle regioni più contaminate. Quelle del Nord risultano più inquinate, dovuto anche una maggiore capillarità dei controlli. Verifiche più accurate potrebbero riscontrare dati negativi anche in altre aree. Si deduca, quindi, che la qualità delle acque corrisponde alla realtà. Ma può anche essere che, a causa di qualche locale carenza nei controlli, possa essere ulteriormente preoccupante.
Per prudenza restiamo nell’ambito dei dati ufficiali per capire come superare il problema. Un primo allarme scatta di fronte alla contraddizione tra l’andamento dell’impiego dei pesticidi e quello dell’inquinamento.
L’andamento dei pesticidi segna un regresso nell’uso: “In Italia, in agricoltura si utilizzano circa 114.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari (ISTAT, 2019), che contengono circa 400 sostanze diverse. Per i biocidi non si hanno informazioni analoghe sulle quantità e manca un’adeguata conoscenza degli scenari d’uso e della loro distribuzione geografica. Da qui la difficoltà di pianificare un monitoraggio che interessa gran parte del territorio nazionale, controlla un grande numero di sostanze e richiede un continuo aggiornamento reso necessario dall’uso di sostanze nuove”.
L’andamento dell’inquinamento delle acque cresce: “Dal 2009 al 2018 la percentuale di punti con presenza di pesticidi è aumentata di circa il 25%, in quelle sotterranee di circa il 15%”. Una contraddizione che Ispra spiega con la maggiore copertura ed efficacia dei monitoraggi. Ma rivela anche due problemi rilevanti. Uno, sottolineato nel Rapporto, è la mancanza di sufficienti informazioni sull’uso di biocidi, cioè di sostanze di chimica di sintesi applicate in campi non agricoli. L’altro è la preoccupante persistenza di queste sostanze nelle acque, che genera un effetto accumulo.
Cocktail e accumulo di veleni
C’è poi il secondo campanello di allarme. Che scatta quando si tocca un buco del nostro sistema legislativo: la mancanza di un tetto sul mix di contaminanti: “I dati del biennio evidenziano più che in passato, la presenza di miscele nelle acque. Con un numero medio di 4 sostanze e un massimo di 56 sostanze in un singolo campione. Si deve quindi tenere conto che gli uomini, come altri organismi, sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche di cui non si conosce la composizione e, quindi, non si può valutarne il rischio”.
“Nonostante il Rapporto ISPRA registri un leggero calo nell’uso dei pesticidi in agricoltura, la presenza di residui nelle acque è in continuo aumento e non è dovuto solo ai monitoraggi più accurati ma è il risultato dell’effetto accumulo, come indica lo stesso Istituto”, ha commentato la presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini. “Per questo, se vogliamo garantire la tutela di un bene comune come l’acqua, occorre adottare con urgenza gli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversità con l’obiettivo di ridurre rapidamente l’uso dei pesticidi del 50% e triplicare le superfici coltivate a biologico. Sono queste sono le priorità a cui deve guardare il Piano strategico Nazionale della nuova PAC e la revisione del PAN di cui si sono perse le tracce da oltre un anno”.
“La cosa che desta grandi preoccupazioni è anche il mix di contaminanti rilevati. Se nel 2008 in un solo campione si erano trovate fino a un massimo di 15 diverse sostanze – conclude Mammuccini – nell’ultimo rapporto il dato sale a 56 sostanze in un singolo campione. Sappiamo bene che la questione del multiresiduo non è stata finora indagata adeguatamente; per questo sarebbe necessario adottare il principio di precauzione e investire in studi e ricerche indipendenti per valutare gli effetti del multiresiduo sulla salute dei cittadini e sull’ambiente”.
Il quadro è chiaro. Manca un’adeguata risposta ai problemi. Ma l’Unione europea ha già indicato la strada con le strategie Farm to Fork e Biodiversità: meno pesticidi, più spazio al biologico.
(testo in parte ripreso da Cambia la terra del 28 dicembre 2020)