La Regione ci riprova
Dalla “riqualificazione” della Binasco-Melegnano
rispunta la Tangenziale Ovest Esterna
20 gennaio 2021. Era il 2011. In Provincia di Milano, il mai rimpianto assessore Fabio Altitonante (giunta Podestà), stava predisponendo il nuovo Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp) e, nelle prime bozze cartografiche, ecco apparire il tracciato di una nuova Tangenziale Ovest Esterna (TOE), inserita nel sistema infrastrutturale quale “opera strategica”.
Una forte mobilitazione di associazioni, cittadini e amministrazioni comunali riuscì nell’intento di convincere i pianificatori provinciali dell’inadeguatezza trasportistica e soprattutto dell’insostenibilità territoriale di tale infrastruttura. L’dea venne così scartata sul nascere e nel 2013 il Ptcp fu approvato senza alcun riferimento all’ipotesi di TOE.
Quatto anni dopo, nel 2015, ci riprovò Regione Lombardia: il medesimo rifiuto delle amministrazioni locali e dei loro cittadini portò ad espungere dall’allora redigendo Piano Regionale Mobilità e Trasporti (PRMT) un analogo progetto e, infatti, nel PRMT approvato nel 2016 non c’è traccia di nuove autostrade inutili a sud di Milano.
Ora ci risiamo.
Da alcune settimane è infatti disponibile il “Documento di fattibilità per il potenziamento della Strada provinciale 40 Binaschina”, lo studio commissionato da Aria, l’Azienda Regionale per l’Innovazione gli Acquisti, ovvero Regione Lombardia.
L’obiettivo dichiarato dello studio è quello di individuare e analizzare “possibili soluzioni progettuali alternative atte a migliorare le condizioni di deflusso nel nodo di Milano e l’accessibilità dei territori a sud di Milano compresi tra la A7 e la A1 lungo la direttrice rappresentata dalla SP 40 Binaschina”.
Il documento presenta e confronta tre diversi scenari, dove per scenari si intendono tipologie di progetto.
Nello scenario 1 si ipotizza la semplice messa insicurezza della SP 40 attraverso il suo adeguamento alla categoria C1, ovvero l’allargamento della carreggiata dagli attuali 8-8,50 metri ai 10,50 metri regolamentari.
Nello scenario 2 la Binaschina verrebbe trasformata in una superstrada (due corsie per senso di marcia con intersezioni e svincoli a doppio livello), in parte nella sede attuale e in parte in variante, ipotizzando le due versioni: con o senza pedaggio.
Infine, lo scenario 3: in questo caso si tratterebbe di una nuova autostrada che partirebbe dall’attuale connessione dell’A1 con la Tangenziale Est Esterna, a Cerro al Lambro, e arriverebbe sulla A7 Milano-Genova con un nuovo svincolo in comune di Casarile, sviluppando il suo tracciato nella campagna al limite meridionale della Città Metropolitana di Milano con brevi sconfinamenti nella Provincia di Pavia.
È sufficiente osservare per pochi secondi la planimetria (il tracciato rosso) per capire che tale ipotesi configura palesemente un primo segmento, il segmento sud, della mai tramontata Tangenziale Ovest Esterna.
Due dati sono sufficienti per capire l’insensatezza del progetto: 1) la proposta prevede di consumare la bellezza di 57 ettari di suolo agricolo, dei quali 49 in aree a vario titolo vincolate (parchi regionali, parchi locali, Piano d’Area dei Navigli, e perfino all’interno di due aree naturali riconosciute di importanza europea, l’Oasi di Lacchiarella e la Garzaia di Villarasca); 2) dell’attuale traffico sulla Binaschina solo il 10% percorre l’intero tragitto, mentre il 90 % ha origine o destinazione (o entrambe) lungo la strada; ciò significa che la riduzione della congestione sarebbe irrisoria.
La riproposizione odierna del primo segmento di Tangenziale Ovest Esterna denota l’incapacità di comprendere realtà, caratteristiche, potenzialità, vocazioni, aspirazioni del territorio del Basso Milanese che, dal 1990, non a caso è diventato Parco Agricolo Sud Milano.
In definitiva il Parco Agricolo Sud rappresenta, al di là della sua generale valenza di area regionale protetta, un vero e proprio “progetto territoriale” basato su: agricoltura (produzione, vendita diretta, agriturismo…); ambiente (polmone verde indispensabile per equilibrare l’impatto della metropoli, dotato di elementi naturalistici perfettamente integrati con la funzione agricola); turismo (attrattività garantita dalla qualità ambientale, dalla ricchezza di elementi storico monumentali e dalla prossimità alla metropoli).
Tutto ciò rappresenta un bene comune che va difeso, salvaguardato e valorizzato.
È quindi evidente che una nuova opera autostradale di 22 km è totalmente incompatibile con tale progetto territoriale.
In un contesto territoriale come quello della Città Metropolitana di Milano – con una quota di suolo impermeabilizzato del 32% (fonte ISPRA, Rapporto consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici; edizione 2020), al terzo posto a livello nazionale dopo le provincie di Monza-Brianza e di Napoli, e con una percentuale di aree antropizzate del 41,1% (fonte, Regione Lombardia; Dusaf 6.0 – Uso del suolo 2018; Classe 1) qualsiasi esigenza deve necessariamente essere risolta escludendo soluzioni che comportino nuovo consumo di suolo, ovvero privilegiando scelte che comportino un consumo di suolo prossimo allo zero.
Invece regione Lombardia ci ripropone soluzione vecchie e oggi insostenibili.
Prepariamoci a una nuova battaglia.
Una volta eliminata l’ipotesi contenuta nello scenario 3, ci saranno le condizioni per esaminare con calma e tranquillità le altre alternative.
(di Paolo Lozza per “20zero77”, il magazine di politica e cultura)