Distruggere territorio non fa bene:
l’autostrada Brebemi di nuovo a corto di capitale
Ma le banche stavolta non accorrono in aiuto
11 gennaio 2020. Continuano le perdite di Brebemi, la società dell’autostrada A35 che mette in collegamento Brescia e Milano: nel 2019 hanno superato la soglia di un terzo del capitale sociale e, nella necessaria ricapitalizzazione, per la prima volta si defila la sua prima azionista, la banca Intesa Sanpaolo.
Non sono stati ancora pubblicati i dati del 2019, ma guardando indietro, lo scarso traffico continua a generare risultati negativi: il bilancio del 2018 si è chiuso con una perdita netta di esercizio pari a 37,18 milioni, in linea con quello del 2017 (39,2 milioni). Lo scorso anno le cose non sono andate molto meglio e le perdite della società autostradale hanno superato una soglia fatidica, imposta dall’articolo 2246 del codice civile: un terzo del capitale sociale.
E Brebemi è dovuta correre ai ripari. Il 9 dicembre scorso è stata approvata l’emissione di una prima tranche di 80 milioni di strumenti finanziari partecipativi: un rafforzamento che si aggiunge a un aumento di capitale da 22,23 milioni. A questi aumenti di capitale sembra non interessata a partecipare Intesa Sanpaolo, come già scritto prima azionista di Brebemi, ma anche il più importante creditore del pesante indebitamento finanziario netto, pari a 2,27 miliardi. Anzi, la banca nei mesi scorsi aveva tentato di vendere le proprie azioni Brebemi, ma senza successo.
Tornando al conto economico, nei primi nove mesi del 2019, la società ha totalizzato una perdita netta di 26,7 milioni (meglio -ma di poco- del rosso pari a 29 milioni del corrispondente periodo dell’anno prima) con ricavi in rialzo di oltre il 14% a 67,8 milioni di euro. Il balzo è stato ottenuto grazie a un fattore positivo irripetibile: la chiusura di un paio di mesi dell’aeroporto di Linate ha aumentato gli spostamenti dei milanesi verso l’aeroscalo Orio al Serio, andando a determinare una crescita dell’8,6% del traffico sulla Brebemi.
Altro elemento che va a giocare a favore è che, nel 2020, la società rientra tra le pochissime cui il ministero delle Infrastrutture ha concesso un innalzamento delle tariffe, intorno al 3,8%.
Chissà se aiuti economici o eventi straordinari riusciranno a chiudere l’emorragia economica di Brebemi, società che in passato ha beneficiato di 360 milioni di fondi pubblici elargiti, nonchè consistenti sconti sulle tasse (mezzo miliardo su Ires, Irap e Iva). Speriamo, in ogni caso, che la finanza (e lo Stato, che già ha tanto elargito per Brebemi, Tangenziale est esterna e Pedemontana) ci pensi bene prima di correre in soccorso di questo distruttore di campagne (che si è mangiata quasi un milione di ettari di territorio) e, più in generale, si tenga prudentemente fuori da questi business tanto obsoleti quanto negativi per l’ambiente e il paesaggio.
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