Ispra: nel 2018 persi ben 14 ettari di suolo al giorno
con drammatici effetti anche sui cambiamenti climatici.
Lombardia in testa nel consumo
con qualche rara eccezione positiva in controtendenza
18 settembre 2019. Nonostante le gravi conseguenze, i nostri politici -da Nord a Sud- continuano ad acconsentire alla realizzazione di migliaia di ettari di cementificazione, troppo spesso inutili. Lo testimonia e lo analizza il Rapporto di Ispra 2019: il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle benefiche funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile, mentre il rallentamento delle nuove coperture artificiali degli anni passati, ascrivibile prevalentemente alla crisi economica, si è purtroppo fermato. In alcune aree del Paese si consolida, al contrario, un’inversione di tendenza, con una ripresa della trasformazione ancora a scapito del suolo naturale, a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci o in attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. L’iniziativa delle Regioni e delle Amministrazioni Locali sembra essere riuscita marginalmente, per ora, e solo in alcune parti del territorio, ad arginare l’aumento delle aree artificiali, rendendo evidente l’inerzia del fenomeno e il fatto che gli strumenti attuali non abbiano mostrato ancora l’auspicata efficacia nel governo del consumo di suolo. Ciò rappresenta un grave danno in vista dell’auspicata ripresa economica, che non dovrà assolutamente accompagnarsi a una ripresa dell’artificializzazione del suolo naturale, tendenza non sostenibile per i fragili territori italiani.
Non manca per fortuna, qualche esempio positivo, che va nella direzione opposta. Per esempio, in Lombardia, a Pieve Emanuele sono stati riportati ad agricoli territori destinati a capannoni (clicca qui) e a Rescaldina la nuova giunta ha azzerato le costruzioni previste dal Pgt della precedente amministrazione.
Il consumo di suolo in Italia continua a crescere
Le nuove coperture artificiali nel 2018 hanno riguardato altri 51 chilometri quadrati di territorio, con una media circa 14 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione in linea con quella registrata nel 2017 e che riguarda poco meno di 2 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo anno, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.
Le sempre più frequenti ondate di calore pongono l’attenzione sull’importante relazione tra la copertura del suolo e la temperatura, in particolare nelle aree urbane a maggiore presenza di superfici artificiali o con meno aree vegetate. Per analizzare questa relazione, lo studio Ispra ha ripreso i dati di temperatura al suolo acquisiti dal satellite MODIS Terra della NASA, relativi ai mesi da giugno ad agosto degli anni 2016, 2017 e 2018, ottenendo un quadro geografico preciso.
Il consumo di suolo, oltre a riguardare le superfici direttamente interessate dalla copertura artificiale, interessa anche le aree limitrofe. La percentuale di superficie indirettamente interessata dal consumo di suolo a livello nazionale è risultata essere pari a 42% (a 60 m), 55,7% (a 100 m) e 75,2% (a 200 m): da questi dati si evince che i tre quarti del territorio nazionale ricadono entro 200 metri dal suolo consumato.
Una misura dell’effetto del consumo di suolo in relazione alle esigenze demografiche è offerta da diversi indicatori. In termini di suolo consumato pro capite, i valori regionali più alti risentono della bassa densità abitativa tipica di alcune regioni. La Valle d’Aosta presenta infatti il valore più alto (754 m2/ab) pari al doppio rispetto al valore nazionale (381 m2/ab), seguita da Basilicata (604 m2/ab) e Molise (590 m2/ab). Sicilia, Lombardia, Liguria, Campania e Lazio presentano i valori più bassi e al di sotto del valore nazionale. Limitandosi al nuovo consumo di suolo, Basilicata, Veneto, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia sono le quattro regioni che presentano valori superiori al doppio del dato nazionale sul consumo di suolo pro capite (0,8 m2/ab).
Ci sono poi situazioni paradossali, ovvero regioni dove il consumo di suolo aumenta anche in presenza di decrescita della popolazione. E così Veneto, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata registrano valori negativi di oltre -1.000 m2/ab, sintomo di consumi di suolo elevati a fronte di abitanti in calo. Valori positivi si registrano solamente dove gli abitanti residenti sono in aumento rispetto allo scorso anno, ovvero in 3 regioni: Emilia-Romagna (dove per ogni “nuovo abitante” si sono consumati più di mille metri quadrati), Lombardia (370 m2/ab) e Trentino (222 m2/ab).
La Lombardia tra le regioni col consumo di suolo più elevato
In 15 regioni il suolo consumato supera il 5%, con i valori percentuali più elevati in Lombardia (che supera per la prima volta quota 13%), Veneto (12,40%) e Campania (10,43%). Seguono Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Liguria e Lazio, con valori compresi tra l’8 e il 10%. La montagnosa Valle d’Aosta è l’unica regione rimasta, di poco, sotto la soglia del 3% (2,92%). Nel complesso, i valori più alti di suolo consumato si registrano nel Nord.
La Lombardia detiene il primato anche in termini assoluti, con oltre 310 mila ettari del suo territorio coperto artificialmente (il 13,5% delle aree artificiali italiane è in questa regione), contro i 9.500 ettari della Valle d’Aosta.
Gli incrementi maggiori, indicati dal consumo di suolo netto in ettari dell’ultimo anno, sono avvenuti nelle regioni Veneto (con 923 ettari in più), Lombardia (+633 et-tari), Puglia (+425), Emilia-Romagna (+381) e Sicilia (+302). Valle d’Aosta, Umbria, Liguria e Molise sono le regioni, invece, che quest’anno hanno avuto incrementi inferiori ai 50 ettari. In termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, i valori più elevati sono in Abruzzo (+0,51%), Basilicata (+0,47%) Veneto (+0,41%) e Friuli-Venezia Giulia (+0,34%).
Nell’ultimo anno il Nord-Est (0,29%) e il Sud (0,23%) registrano i valori di crescita percentuale del consumo di suolo più alti. Le altre macro-aree oscillano tra 0,16% e 0,17%, mantenendosi al di sotto del valore nazionale (0,21%).
La densità dei cambiamenti netti del 2018, ovvero il consumo di suolo rapportato alla superficie territoriale, rende evidente il peso del Nord-Est che consuma 2,65 metri quadrati ogni ettaro di territorio, contro una media nazionale di 1,6 m2/ha. Tra le regioni, la densità del consumo di suolo è più alta in Veneto (5,03 m2/ha), Friuli-Venezia Giulia (3,01 m2/ha), Lombardia e Abruzzo (oltre i 2,6 m2/ha).
Milioni di quintali di prodotti agricoli persi: in testa la Lombardia
Tra il 2012 e il 2018 in Italia si stima una perdita potenziale, a causa del nuovo consumo di suolo, di circa tre milioni di quintali di prodotti agricoli che avrebbero potu-to fornire le aree perse (escludendo le rinaturalizzazioni). Analizzando cinque categorie principali di colture (vigneti, frutteti, oliveti, foraggere e seminativi) si osserva che la maggiore perdita stimata si è avuta nella classe dei seminativi, con 2 milioni di quintali, seguita dalle foraggere, dai frutteti, dai vigneti e dagli oliveti, con una perdita, rispettivamente, di circa 370.000, 220.000, 130.000 e 70.000 quintali di prodotti. La Regione con la perdita maggiore di produzione potenziale da aree precedentemente destinate a seminativi è la Lombardia, in cui si è registrata una perdita per il consumo di suolo di più di 540.000 quintali, seguita dal Veneto con 240.000 quintali di prodotti in meno; nelle altre Regioni la perdita si attesta tra i 50.000 e 100.000 quintali e solo in sette Regioni è minore di 50.000 quintali, con il valore minore in Molise, dove la perdita è stata di circa 10.000 quintali. Andamenti analoghi anche per le coltivazioni foraggere: la maggiore perdita si è avuta in Lombardia (quasi 100.000 quintali), seguita dal Trentino-Alto Adige (50.000 quintali), dal Veneto (60.000 quintali) dalla Campania e dall’Emilia-Romagna (47.000 e 34.000 quintali rispettivamente); nelle altre Regioni la perdita è inferiore ai 10.000 quintali.
Gli impegni internazionali per ora disattesi
Non è solo un vezzo degli ambientalisti. L’Europa e le Nazioni Unite ci richiamano alla tutela del suolo, del patrimonio ambientale, del paesaggio, al riconoscimento del valore del capitale naturale e ci chiedono impegni precisi.
In sintesi, gli obiettivi da raggiungere sono:
– l’azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050 (Parlamento europeo e Consiglio, richiesta del 2013);
– la protezione adeguata del suolo anche con l’adozione di obiettivi relativi al suolo in quanto risorsa essenziale del capitale naturale entro il 2020 (Parlamento europeo e Consiglio, 2013);
– l’allineamento del consumo di suolo alla crescita demografica reale entro il 2030 (Onu, 2015);
– il bilancio non negativo del degrado del territorio entro il 2030 (Onu, 2015).
Questi sono obiettivi fondamentali per l’Italia, alla luce delle particolari condizioni di fragilità e di criticità del nostro territorio, rendendo urgente la definizione e l’attuazione di politiche, norme e azioni di radicale contenimento del consumo di suolo e la revisione delle previsioni degli strumenti urbanistici esistenti, spesso sovradimensionate rispetto alla domanda reale e alla capacità di carico dei territori.
Ma quanti dei nostri amministratori sapranno essere consapevoli di quanto sia utile rispettare il nostro fragile territorio?
La tabella qui riportata è tratta dal Rapporto Ispra 2019. Per scaricare e leggere l’intero rapporto, clicca qui.