Gaggiano, Calvignasco e Rosate
tre piccoli gioielli del Parco Sud
che profumano di storia, bellezza e natura
16 giugno 2019. Ecco un altro itinerario (n. 5) semplice, che individua le quattro diverse finalità che hanno dato origine al Parco Agricolo Sud Milano: la natura, il paesaggio, la storia e l’agricoltura. Quando siete nel Parco, guardatevi sempre bene attorno a voi: l’unicità di questo territorio saprà sorprendervi in ogni stagione, con visioni, profumi, colori e sapori sempre diversi e mai uguali a sé stessi. Vi auguriamo un viaggio di emozioni all’interno del Parco che abbraccia la Città di Milano e la penetra garantendo anche ai milanesi di godere della sua bellezza. Se vi va, potete leggere i luoghi da vedere….
Gaggiano, Calvignasco e Rosate
tre piccoli gioielli del Parco Sud
che profumano di storia, bellezza e natura
16 giugno 2019. Ecco un altro itinerario (n. 5) semplice, che individua le quattro diverse finalità che hanno dato origine al Parco Agricolo Sud Milano: la natura, il paesaggio, la storia e l’agricoltura. Quando siete nel Parco, guardatevi sempre bene attorno a voi: l’unicità di questo territorio saprà sorprendervi in ogni stagione, con visioni, profumi, colori e sapori sempre diversi e mai uguali a sé stessi. Vi auguriamo un viaggio di emozioni all’interno del Parco che abbraccia la Città di Milano e la penetra garantendo anche ai milanesi di godere della sua bellezza.
GAGGIANO. Il comune conta 9.047 abitanti (dato aggiornato a dicembre 2015), distribuiti tra il nucleo urbano principale e le frazioni di Bonirola, San Vito, Fagnano, Barate e Vigano Certosino. Sviluppatosi intorno al Naviglio Grande, Gaggiano si estende per circa 26 kmq, di cui ben 23,80 sono parte del Parco Agricolo Sud Milano. Nel 2014 è stato classificato come 21° borgo più felice d’Italia. Gaggiano è tra i paesi più ricchi di bellezze storiche e paesaggistiche del Parco Sud e, dal 2015, nel Palazzo Camurati, ospita un punto parco. Ringraziamo l’associazione Viviamo Gaggiano, da cui abbiamo preso spunto per presentare le bellezze del comune.
Da vedere
Palazzo Stampa Aloardi
L’edificio si trova sulla riva sinistra del Naviglio, a pochi passi dal Ponte Vecchio.
L’ingresso principale è dalla sponda del Naviglio, attraverso un’esedra formata da sei pilastri, sormontati da vasi in pietra (quelli che recavano lo stemma della famiglia Cantoni) e uniti da un muro, che dà forma concava allo spiazzo. Al centro, un cancello, oltre il quale si estende il viale d’accesso al palazzo.
L’edificio ha subito diversi rimaneggiamenti, mantenendo la pianta ad U. Il pianterreno presenta un portico con cinque archi ed è diviso da un passaggio centrale, che lascia intravedere la prosecuzione del viale in uno più modesto, che porta alla campagna. All’interno sono ancora visibili alcuni degli affreschi che abbellivano i saloni.
Un esame da vicino conferma, proprio per l’irregolarità dell’impianto, i numerosi rifacimenti subiti nel corso del tempo: cinquecentesco l’interno; del Seicento e del Settecento, invece, gli interventi sull’esterno.
Il palazzo è ancora circondato, in parte, dagli edifici rustici, in origine assai più numerosi, che costituivano l’azienda agricola. Allo stesso modo, si notano tracce di quello che doveva essere un ampio giardino. Sono scomparsi del tutto altri elementi, come la fontana, il portico, la grande stalla e la pileria per la lavorazione del riso.
Il palazzo, normalmente chiuso al pubblico, è visitabile solo in particolari occasioni, come, ad esempio, le iniziative del FAI (Fondo Ambiente Italiano).
Santuario di Sant’Invenzio
Accanto al ponte che attraversa il Naviglio Grande, un ampio sagrato introduce alla facciata barocca dell’ex chiesa parrocchiale di Sant’Invenzio. I due toni di colore dell’intonaco (bianco e ocra) sottolineano le cornici di porte e finestre, le lesene che disegnano la facciata, il timpano triangolare che corona l’insieme e gli stipiti del campanile, facendo risaltare stucchi e statue. La sua edificazione fu avviata nel 1618, in luogo di un antico edificio di culto risalente al Duecento. L’interno presenta affreschi ottocenteschi, ma sopra l’altare della Madonna, alla sinistra dell’entrata, spicca la Madonna delle Grazie col Bambino, datato 1388 e attribuito a Erghieri. Quest’ultimo affresco è stato meta di numerosi pellegrinaggi, in quanto legato a una leggenda che ha contribuito ad attribuirgli un’aura miracolosa. L’evento straordinario, narrato dalle cronache locali, riporta infatti che durante i lavori di rifacimento della chiesa nel 1620, in pieno giorno, mentre i muratori stavano eseguendo dei lavori sulla volta della chiesa, il tetto del tempio sacro crollò rovinosamente in tutta la sua lunghezza, senza però mietere alcuna vittima e lasciando intatto solo il dipinto raffigurante la Madonna col Bambino.
Chiesa SS. Eugenio e Maria
Situata nella frazione Vigano Certosino, la chiesa è opera dei frati certosini raccolti nella vicina Certosa, amministrata dalla più lontana Certosa di Pavia. Giunti a Vigano da Pesio (in Piemonte), subito dopo la donazione di Vigano alla Certosa di Pavia da parte di Gian Galeazzo Visconti nel 1400, i certosini adattano a monastero l’antico castello, dotando il villaggio di un muro di cinta, di un’osteria e di una locanda.
Nel 1499 iniziano i lavori di ampliamento della chiesa preesistente (risalente all’inizio del Trecento), con le opere di affrescatura affidate, nel 1511, al pittore pavese Bernardino de’ Rossi, già autore di dipinti nel Castello Sforzesco, nella chiesa di
All’interno della chiesa si trova anche una statua in legno di San Carlo, realizzata all’inizio del Seicento, restaurata nel 1893. I dipinti più significativi sono della fine del Cinquecento. Sotto il pavimento, più volte rifatto, si trovano le tombe della famiglia Grancini, per generazioni presenza influente sul territorio di quella che, a partire dal 1573, divenne chiesa parrocchiale.
Chiesa di Sant’Andrea
Già da documenti risalenti all’anno 1000 è attestata l’esistenza, nella frazione Barate, di una chiesa dedicata a Santa Maria. Non se ne ha notizia, invece, in un documento del 1398, che parla solo della chiesa di Sant’Andrea e del cimitero adiacente, cintato e a forma triangolare. Successive testimonianze descrivono Sant’Andrea come una chiesa antica con dipinti sulle pareti.
La chiesa di Sant’Andrea è oggi di grande interesse proprio per i dipinti, non quelli d’antica origine e d’ignoto autore, bensì per i più recenti affreschi, realizzati, nell’arco di soli dieci anni, da don Giulio Pizzocheri (1883-1964), che è stato parroco di Barate per 48 anni. Il sacerdote beneficiò, in questo, dell’aiuto di Emilio Bai, piccolo imprenditore edile, che gli installò le impalcature e gliele lasciò per tutto il tempo necessario a completare l’opera. Gli affreschi coprono tutte le pareti e la volta dell’edificio: rappresentano una sorta di catechismo, illustrato attraverso diversi temi.
Casa Camurati
Costruito tra il 1805 e il 1815 e contraddistinto da una torretta merlata, l’edificio porta il nome della famiglia Camurati, insediatasi a Gaggiano all’inizio dell’Ottocento.
Nel 1815, anno in cui gli Austriaci tornano a governare la Lombardia, una parte del cortile venne occupata dalla Gendarmeria. Dal 1859, dopo la battaglia di Magenta, divenne caserma dei Carabinieri Reali e tale rimase fino al 1924. La caserma era dotata anche di due celle, una per gli uomini e una per le donne e annoverò tra i propri militi anche il gaggianese Luigi Del Bel Belluz, detto el Barbison, poi trasferitosi nella vicina San Vito.
La torretta era destinata all’uccellagione. La merlatura, di tipo ghibellino, è quasi certamente una scelta della famiglia, nota per il suo atteggiamento ostile al clero, come a voler contrastare la presenza imponente del campanile.
Le alte finestre del primo piano erano in origine sovrastate da lunette coi ritratti di celebri personaggi. Sono andate invece perse quelle sul lato est (a causa della costruzione sorta a ridosso di quella parete) e quelle sul lato ovest, mentre un recente restauro ha consentito di rendere nuovamente leggibili quelle sul lato sud, che riproducono Amerigo Vespucci, Castruccio Castracani, Pico della Mirandola e Josè Garcilaso de la Vega.
Palazzo Venini Uboldi
Grandioso edificio settecentesco affacciato sul Naviglio Grande, fu costruito per volontà di Giorgio e Francesco Venini e conserva ancora l’originario impianto a U, la cui base è costituita dal corpo principale, rivolto a nord, verso il Naviglio, e a sud, da due braccia di costruzioni di servizio (stalle, magazzini, fienili, laboratori artigiani), che si allungano verso l’ingresso del giardino. La facciata è caratterizzata da alte finestre distribuite in modo regolare e da una colorazione accesa, che mette in risalto gli elementi a stucco e le rifiniture. All’interno si trova anche un oratorio privato del 1760.
Attualmente il palazzo risulta frazionato in appartamenti privati.
Ponte Vecchio
Struttura di collegamento tra via Gozzadini e via Roma, sulle sponde opposte del Naviglio, fu il primo e per qualche secolo anche l’unico ponte di Gaggiano. L’anno di costruzione non è noto, ma è certo che fosse in uso già nel Trecento. Quasi interamente distrutto dall’esercito austriaco, in ritirata dopo la sconfitta subita a Magenta dai Franco-Piemontesi, il 6 giugno 1859, venne ricostruito dieci anni più tardi, ricalcando lo stile del precedente.
Bosco dei cento passi
Nell’immediata periferia della frazione San Vito, si trova quest’area di circa 16 ettari, che nel 2005 la magistratura confiscò alle organizzazioni mafiose. Venne affidato al Comune di Gaggiano, che vi sviluppò il progetto di un parco pubblico.
A partire dal 2007, ERSAF (Ente Regionale Servizi all’Agricoltura e Foreste) ne ha curato la piantumazione, con la messa a dimora di millecinquecento fra aceri, tigli, frassini e arbusti di rosa canina, sambuco e altre essenze. Un’area di tre ettari è occupata, invece, da una marcita, creata facendovi confluire le acque di due rogge.
Nel perimetro del parco si trova anche un laghetto attrezzato per il birdwatching, tre piccoli stagni, utilizzati per il reinserimento di anfibi e uccelli acquatici, e una pista ciclo-pedonale.
Il parco è stato inaugurato nella primavera del 2009 e dedicato a Peppino Impastato, noto per il suo impegno contro la mafia e da questa assassinato nel 1978.
Lago Boscaccio
Quest’area era in origine un bosco poco curato su cui, nel corso del XVII secolo, sorse un complesso rurale: una casa padronale, circondata da strutture rustiche adibite a ospitare i lavoranti e un locale per la raccolta e la lavorazione del riso. Nel secolo successivo, il nuovo proprietario, conte Francesco Carena, fece costruire, nelle vicinanze, un oratorio dedicato a Santa Maria.
All’inizio del Novecento, la Cascina Boscaccio contava circa 80 abitanti. L’attività agricola cessò all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso e gran parte del territorio attorno alla cascina divenne una cava di sabbia e ghiaia, materiali divenuti preziosi con lo sviluppo urbanistico che interessò Milano e le sue periferie. L’area scavi si allargò, arrivando a 200.000 mq, e vide affiorare acqua dal sottosuolo, con la formazione di un enorme lago. L’amministrazione comunale di Gaggiano arrivò a stipulare una convenzione, che adibì a uso pubblico le sponde a nord e a ovest del lago e a uso privato le altre. Venne cessata, nel frattempo, ogni attività di escavazione e l’antico palazzo padronale, nell’area ad uso privato, divenne sede di convegni, feste, cerimonie.
La superficie del lago è, oggi, di circa 35 ettari e si caratterizza per la presenza di un’avifauna (intorno al lago trovano rifugio circa 180 specie volatili) e di un’ittiofauna particolarmente ricche. Il progetto il canneto del Lago Boscaccio ha permesso, infatti, di creare una zona umida particolarmente accogliente per gli uccelli acquatici di passo. La zona è stata individuata anche come area di ripopolamento e cattura (divieto di caccia) ed è la stazione d’inanellamento dei volatili (gestita dal Gruppo Ornitologico Lombardo). Le acque del lago ospitano numerose specie autoctone di pesci e possiedono buoni caratteri di limpidezza. Lungo il perimetro del lago si sviluppano un percorso ciclabile e uno pedonale.
Cascina Molino di Sotto
Risale al 1739 circa, quando ospitava l’ordine monacale delle suore Pie Elemosiniere. Qui è ancora attivo uno splendido mulino, azionato da una pala idraulica perfettamente efficiente e capace di produrre energia elettrica, grazie alla spinta delle acque del vicino Naviglio. Il mulino è usato per la pilatura del riso, che viene poi lavorato direttamente nell’azienda agricola che vi ha sede.
Cascina Montano
La cascina è sorta intorno a un’antica chiesa dedicata a Santa Maria, nel luogo già noto, nel XII secolo, col nome di Montano.
Nel 1137 il Monastero Maggiore di Milano affidò la chiesa a due monache dell’ordine benedettino, con l’autorizzazione a raccogliere attorno a loro, per vivere in comunità, altre sorelle (“sorores”) che avessero voluto seguire il loro esempio. Si sviluppò così un piccolo insediamento rurale, che continuò a crescere nel corso degli anni, grazie ad una serie di donazioni, acquisti e permute.
Il monastero cessa la propria attività nel 1305, quando le monache tornano a Milano e la conduzione del fondo viene unificata a quella di S. Salvatore, nel territorio di Cesano Boscone.
Nel 1919 il podere è affidato a una cooperativa di contadini reduci dalla guerra, esperienza che continua, tra molte difficoltà, fino ai primi anni del fascismo. Viene poi ripresa nel 1945, con la costituzione di una nuova cooperativa di contadini, che resterà in vita per circa dieci anni, dopodiché il podere è nuovamente affittato a privati.
Una visita a Montano è interessante per un esame della struttura del complesso agricolo, che conserva i caratteri distintivi della cascina lombarda: un ingresso principale sorvegliato, circondato da un quadrilatero di edifici, che, oltre alla casa padronale, vede una parte del perimetro destinata alle abitazioni dei lavoratori e l’altra a stalle, magazzini e laboratori. Da vedere anche l’Oratorio dell’Assunta, sorto sulle fondamenta dell’antica chiesa, più volte rinnovata e definitivamente aperta al culto dal 1914.
CALVIGNASCO. Comune a sud-ovest di Milano, conta circa 1206 abitanti distribuiti tra il nucleo urbano principale e le frazioni Ponte e Bettola (dove ha sede il municipio). L’estensione territoriale è di 1,87 kmq, 1,22 dei quali sono nel Parco Agricolo Sud Milano. Calvignasco detiene il curioso primato, condiviso col confinante comune di Zelo Surrigone e con quello di Alzano Scrivia (provincia di Alessandria), di paese più pianeggiante d’Italia. Il dislivello massimo sul territorio comunale è, infatti, pari a 1 metro.
Ai confini con il territorio della provincia pavese, tra Rosate e Casorate Primo, Calvignasco è attraversato e irrigato dalle acque del Canale Ticinello. La sua storia è rimasta legata per secoli a quella del comune di Binasco, tanto che non è facile trovare documenti rilevanti che ne riferiscano per la sua individualità o per quella delle frazioni Bettola, dove ha sede il municipio, e Ponte. Il nome del borgo sembra sia derivato dal nome latino Calvinius. Anticamente il comune era parte del feudo di Moncucco (attualmente nel comune di Vernate), a suo tempo assoggettato a vincoli feudali della famiglia dei Visconti di Fontaneto, e ancora prima, alla Corte di Masino.
Da vedere
Chiesa parrocchiale di San Michele
Antico edificio dedicato a San Michele Arcangelo già dal XIV secolo, è anche la chiesa parrocchiale del paese. Il suo assetto attuale è frutto di un’opera di ricostruzione avviata nel 1605, a seguito della visita del cardinale Federico Borromeo, che la ritenne troppo piccola per soddisfare il titolo di chiesa parrocchiale, assegnatole qualche anno prima.
Cascina Torretta. Esempio di tipica cascina lombarda, situata nella frazione Bettola. Si tratta di una costruzione del XVIII secolo, ancora fedele alla struttura originale e rimasta adibita ad uso agricolo.
ROSATE. Il comune conta circa 5.590 abitanti, distribuiti tra il nucleo urbano principale e le due frazioni di Cavoletto e Gaggianese. La superficie territoriale è di circa 18,74 kmq, dei quali 17,15 rientrano nel perimetro del Parco Agricolo Sud Milano.
Da vedere
Chiesa di Santo Stefano
Risale al X secolo, quando fu istituita la pieve locale, con la costruzione di un primo tempio sacro di stile romanico. Dopo diverse mutazioni, nel 1827 la chiesa venne ricostruita nelle forme attuali. Sul campanile è installato un concerto di 8 campane, fuse dalla Fonderia Barigozzi di Milano nel 1888. Sul campanile è stata recuperata e ripristinata la vecchia tastiera per il suono a festa.
Castello
. È stato edificato in pieno medioevo, probabilmente ricalcando quella che era la piantina di un antico fortilizio romano. Le prime tracce di una struttura difensiva a Rosate risalgono al 1159, in coincidenza dell’assedio a opera delle truppe di Federico Barbarossa. Venne ricostruito tra il 1323 ed il 1329 per volontà della famiglia milanese dei Torriani, ma già con l’avvento dei Visconti alla signoria di Milano perse gran parte delle proprie funzioni difensive. La struttura, pesantemente rimaneggiata nel corso dei secoli, si presenta oggi come una costruzione in mattoni e intonaco, caratterizzata da una torretta a tre piani e contraddistinta, in facciata, da una pregevole finestra ad arcate multiple in cotto, il tutto sovrastato da una merlatura alla ghibellina. Sono ancora chiaramente visibili degli scassi nei muri per i bolzoni del ponte levatoio, che un tempo regolava l’accesso alla struttura.
Cascina Confaloniera
Recentemente ristrutturata e adibita a residenza condominiale, la cascina Confaloniera è uno dei luoghi storici del paese. Sorge a ridosso degli antichi fossati a sud del borgo ed è ancora visibile la parte originaria, costituita dalla porzione comprendente la colombaia, evoluzione di un luogo fortificato un tempo utilizzato come punto di avvistamento. Le colombaie o colombere erano edifici abitati da nobili secondo il modello delle case-torri. L’allevamento dei colombi era, infatti, praticato solo da famiglie benestanti, che potevano permettersi di adattare a tale scopo l’ultimo piano della loro casa. Il nome della cascina trae origine da una delle nobili famiglie che l’ebbero in proprietà dal 1619 alla prima metà del ‘700: i Confalonieri. La troviamo invece citata per la prima volta in un atto catastale redatto nel 1558 col nome di Cascina di Sopra. Negli atti risulta che la cascina apparteneva a Fabrizio Avvocati (o Avogadri), la cui proprietà si estendeva per 685 pertiche. Dal Catasto Teresiano del 1755 si evince il passaggio di proprietà dai Confalonieri ai Visconti.
Cascina Longona
Il nome di questa cascina è legato alla figura di Giovanni Longoni, commerciante milanese che, nel 1476, dopo aver ottenuto il permesso ducale, iniziò l’attività con un mulino mosso dalla roggia Gambirone (derivata dal Naviglio Grande) sino al terreno dov’è situata la cascina. La roggia venne in seguito ribattezzata col nome di Roggia Longona. Presso la cascina sorgeva pure un oratorio dedicato a S.Ambrogio. Attualmente è di proprietà della famiglia Invernizzi e principalmente destinata all’allevamento di bovini da latte.
Ricordatevi che il Parco Agricolo Sud Milano è anche ricco di agriturismi dove si mangia che è un piacere…
sarebbe interessante avere una mappa dei luoghi citati per chi voglia raggiungerli in bicicletta