Il Parco Sud si scopre naturale
Il NO dei cacciatori è scontato, ma a sorpresa,
scontenti alcuni agricoltori e un sindaco poi…
17 novembre 2018. Vi siete mai chiesti perché nel Parco Sud si può in genere cacciare? Lo capirete leggendo questo articolo e comprenderete perché il momento è importante e le discussioni rischiano di diventare accese, molto accese.
Si è conclusa ieri una serie di incontri tra Ente Parco, sindaci e associazioni ambientaliste, agricole, e cacciatori. In queste sedi sono state presentate le proposte del gruppo di lavoro tecnico sulla perimetrazione delle aree naturali del Parco Sud. Sì, perché da quasi vent’anni il Parco deve decidere dove non si può cacciare ed ora, forse, è la volta buona. O almeno siamo sulla strada giusta. La partenza del procedimento ha visto tutte le associazioni ambientaliste d’accordo sul metodo, producendo una serie di richieste di integrazioni, ben motivate tecnicamente e logicamente. Il no dei cacciatori alle proposte del Parco è un dato scontato: vedremo se arriveranno anche le argomentazioni. Meno scontata è stata la posizione delle associazioni degli agricoltori, con troppi ma e troppi se. Bene i Sindaci, che hanno partecipato in massa, puntellando la proposta del Parco e chiedendo qualche aggiustamento: in genere si è trattato di richieste di includere nuove aree ma, a sorpresa, qualcuno ha posto resistenze e uno ha detto proprio no: niente aree naturali nel mio comune…
Il Parco Sud si scopre naturale
Il NO dei cacciatori è scontato, ma a sorpresa,
scontenti alcuni agricoltori e un sindaco poi…
17 novembre 2018. Vi siete mai chiesti perché nel Parco Sud si può in genere cacciare? Lo capirete leggendo questo articolo e comprenderete perché il momento è importante e le discussioni rischiano di diventare accese, molto accese.
Si è conclusa ieri una serie di incontri tra Ente Parco, sindaci e associazioni ambientaliste, agricole, e cacciatori. In queste sedi sono state presentate le proposte del gruppo di lavoro tecnico sulla perimetrazione delle aree naturali del Parco Sud. Sì, perché da quasi vent’anni il Parco deve decidere dove non si può cacciare ed ora, forse, è la volta buona. O almeno siamo sulla strada giusta. La partenza del procedimento ha visto tutte le associazioni ambientaliste d’accordo sul metodo, producendo una serie di richieste di integrazioni, ben motivate tecnicamente e logicamente. Il no dei cacciatori alle proposte del Parco è un dato scontato: vedremo se arriveranno anche le argomentazioni. Meno scontata è stata la posizione delle associazioni degli agricoltori, con troppi ma e troppi se. Bene i Sindaci, che hanno partecipato in massa, puntellando la proposta del Parco e chiedendo qualche aggiustamento: in genere si è trattato di richieste di includere nuove aree ma, a sorpresa, qualcuno ha posto resistenze e uno ha detto proprio no: niente aree naturali nel mio comune.
Proposte valide, difficili da confutare
Per rispondere alla domanda iniziale: nei parchi –a livello nazionale – non si può cacciare. Da quando, nel 1983, la Regione Lombardia ha intrapreso la felice stagione di realizzazione delle proprie aree protette, tra le quali 24 parchi regionali, per evitare lo scontro diretto con la lobby dei cacciatori decise di istituirli senza introdurre il divieto di caccia. Poi, nel 1991, arrivò la legge nazionale sulle aree protette (Legge 394) che prevede l’istituzione dei “Parchi naturali regionali” nei quali vige il divieto di caccia. Da allora in poi, all’interno dei Parchi regionali, sono stati istituiti i Parchi Naturali: aree con un alto indice di naturalità nei quali, come imposto dalla legge nazionale, vige il divieto di caccia.
Se per alcuni Parchi, come il Ticino, la delimitazione è stata relativamente facile e si sono tutelate soprattutto le aree più a ridosso del fiume, per il Parco Sud la faccenda è stata più complessa. Già nel 2000 si disegnarono i confini di queste aree, che comprendevano le aste dei principali corsi d’acqua e le zone di riserva naturale (come l’Oasi di Lacchiarella, il Fontanile Nuovo di Bareggio e le Sorgenti della Muzzetta di Rodano) che in ogni caso hanno già una tutela totale in quanto inserite in una rete europea di aree protette, la cosiddetta Rete Natura 2000.
Fu un fuoco di paglia: nessuno si prese la briga di portare avanti questo doveroso impegno e quei confini restarono solo sulla carta.
Ci riprova ora, con coraggio, la presidente del Parco Michela Palestra. Applicando una metodologia di punta, che tiene conto di tutte le informazioni del territorio esistenti in Regione, Città Metropolitana e Comuni, il gruppo tecnico interdisciplinare ha elaborato una proposta interessante e “solida”. Se nel 2000 si proponevano 11 aree molto frastagliate, che coprivano nel complesso 5.967 ettari, oggi sono state individuate 6 aree, molto vaste, per un totale di 9.690 ettari. Inoltre, cosa non da poco, sono aree compatte e circoscritte da elementi fisici riconoscibili, come strade, sentieri e corsi d’acqua: ciò le rende automaticamente ben delimitabili, consentendo così di evitare sconfinamenti involontari.
In totale, i comuni interessati sono 27:
– nove nell’Area 1 (con territori di Albairate, Bareggio, Cisliano, Corbetta, Cusago, Sedriano, Trezzano sul Naviglio, Vittuone),
– quattro nell’Area 2 (Assago, Buccinasco, Noviglio, Zibido San Giacomo),
– tre nell’Area 3 (Binasco, Rosate, Vernate),
– due nell’Area 4 (Basiglio, Lacchiarella),
– quattro nell’Area 5 (Colturano, Mediglia, San Giuliano Mil., Vizzolo Predabissi)
– cinque nell’area 6 (Liscate, Pantigliate, Peschiera Borromeo, Rodano, Settala).
Aggiustamenti necessari
L’Associazione per il Parco Sud Milano e il rappresentante ambientalista nell’Ente Parco, Paolo Lozza, hanno coordinato il lavoro delle associazioni ambientaliste e, sentite anche le realtà locali (dalle Sentinelle ai piccoli comitati) hanno elaborato un documento comune, redatto e firmato anche dal Centro di Forestazione Urbana, Legambiente Lombardia, Lipu e WWF Lombardia.
Le richieste sono tutte logiche e supportate da solida documentazione tecnica. Tanto per citarne alcune: si propone di reintrodurre le due aree (e mezza) presenti nella proposta del 2000 ed ora sparite. Una è il Parco dei Fontanili di Rho, Pero e Milano: si tratta di terreni in gran parte pubblici (110 ettari), oggetto di elevati investimenti per migliorarne la boscosità e recuperarne fontanili. Un’altra importante area cancellata (584 ettari) riguarda il Lambro Meridionale (è invero l’Olona, che cambia nome dopo il lungo passaggio sotto Milano), le cui sponde –scendendo da Rozzano, Opera, Pieve E., Locate e Carpiano- acquistano via via caratteri di elevata naturalità e ricchezza di fauna, documentata da studi faunistici di dettaglio. Infine, la fascia del Lambro, denominata dai tecnici Area 5, subisce pesanti amputazioni a nord (viene escluso il tratto milanese e di San Donato) e a sud (le anse di Melegnano). Nel tratto in cui il Lambro scorre nel Parco Sud, sono presenti ben 5 Parchi e Oasi del WWF e 4 aree boscate. Inoltre, a dispetto della qualità delle acque certo non ottimale, uno studio del 2017 -realizzato da Istituto Nazionale di Urbanistica e Legambiente, patrocinato dai comuni di San Donato, San Giuliano e Melegnano, e finanziato da Fondazione Cariplo- arriva alla conclusione che siamo in presenza di un fondamentale corridoio ecologico tra il sud e il nord Milano.
Sindaci presenti e attenti, ma…
I sindaci dei comuni interessati dalle perimetrazioni hanno in genere risposto positivamente all’appello: sia con la loro presenza generalizzata agli incontri, sia con un atteggiamento costruttivo. Al punto che, in molti casi, hanno presentato richieste di inclusione nelle aree no-caccia di appezzamenti di terreno individuati anche dagli ambientalisti. Più che di una convergenza, è il segno che gli Amministratori comprendono che ai loro cittadini piace vivere in aree tutelate e valorizzate.
Certo è, anche, che sono stati tranquillizzati sul fatto che queste nuove delimitazioni non determineranno nuovi vincoli: è un fatto incontrovertibile perché lo dice la legge che in queste aree gli unici limiti sono che non si potrà cacciare, non si potranno realizzare nuove cave e non si apriranno discariche.
Qualche caso sparuto di resistenza in realtà c’è stato: il sindaco di Cisliano ha posto tutta una serie di obiezioni sui possibili vincoli che potrebbero essere introdotti a posteriori: da chi e soprattutto perché non si è ben capito.
Ancora più stupefacente è stata la dichiarazione dell’assessora all’Ambiente, Ecologia e Parchi di San Giuliano Milanese, che ha chiesto di cancellare le aree naturali individuate nel proprio territorio. Di fronte allo sbigottimento generale, la presidente del Parco ha richiesto di far avere agli uffici “una richiesta scritta motivata”. Speriamo in un ravvedimento, perché non è certo “carino” scrivere dettagliatamente le ragioni per cui il territorio non ha adeguate caratteristiche di naturalità: “Benvenuti a San Giuliano: un cocktail di dormitori e centri commerciali”. Per smentire questa immeritata nomea auto-inferta, va detto che nei nostri incontri territoriali, ben due aziende agricole di San Giuliano ci hanno chiesto di includere ulteriori territori, esclusi dalla proposta di delimitazione del Parco Sud. Compaiono spesso nel nostro sito: di una ne abbiamo parlato anche a proposito di querce secolari nei propri campi…
Agricoltori divisi: c’è chi teme ancora la natura
Troppe voci, e dissonanti. La Direttrice di CIA Lombardia (Confederazione Italiana Agricoltori) Paola Santeramo ha dato un chiaro parere favorevole alla proposta di perimetrazione, avendo avuto garanzie che non aumentano i vincoli. Anzi, avere attività in aree naturali può portare all’accesso, da parte degli imprenditori agricoli, a finanziamenti tramite progetti europei, nazionali e regionali.
Totalmente opposto il parere di Confagricoltura. Il responsabile del settore Ambiente e Agricoltura Dario Ravelli si è dichiarato contrario alle aree individuate: queste dovrebbero essere costituite prevalentemente da aree demaniali, avanzando altresì dubbi (senza fondamento) che terreni agricoli possano far parte di parchi naturali, a meno che non ci sia una convenzione tra Ente Parco e agricoltore.
Un no, anche se più sfumato, è venuto anche dal presidente Coldiretti Alessandro Rota: quali garanzie ci sono che le attività agricole non vengano danneggiate, magari da un futuro cambiamento di regole (da parte della Regione? dello Stato? e soprattutto perché?). Inoltre, non è possibile che la mancanza della caccia porti ad aumentare i danni all’agricoltura da parte di specie invasive e dannose? In definitiva, dice Coldiretti, servono rassicurazioni scritte, meglio se sottoscritte dall’Ente Parco e dalle associazioni agricole.
Qualche commento breve, perché i fatti parlano da sé: le garanzie della mancanza di ulteriori vincoli sono date dalle norme e dalle leggi vigenti. Vero è che il popolo e il Parlamento (nazionale o regionale) è sovrano e potrebbe, in futuro, migliorare o peggiorare le regole, ma su questo non ci sono rassicurazioni che tengano. Per quanto riguarda le specie invasive e dannose, una biologa del Parco ha spiegato che, proprio nelle aree naturali, l’attenzione al pericoloso diffondersi di fauna alloctona è molto più alta che altrove: in ogni caso, per essere chiari, per le nutrie non cambia nulla essere combattute in aree naturali o nei parcheggi dell’Ospedale Humanitas (sì, scorrazzano anche lì).
Ci aspettavamo un atteggiamento più costruttivo da alcuni sindacati agricoli, visto che – come loro stessi hanno per la verità anche sottolineato nella riunione – le aziende in questi ventotto anni ci hanno guadagnato ad operare nel Parco Sud.
Cacciatori impreparati, o più semplicemente ostili
Diciamocela tutta: il loro no era scontato. La contrarietà assoluta alla proposta tecnica del Parco è stata unanime: “le aree non cacciabili diminuiscono troppo”.
La mancanza di argomentazioni si è palesata in una richiesta di confronto e di avere più tempo per presentare delle osservazioni.
In due settimane noi abbiamo avuto il tempo di organizzare tre incontri nei territori del Parco e di redigere un documento di 12 pagine e un centinaio di pagine di allegati: il poco tempo è stato controbilanciato dalla chiarezza delle argomentazioni, basate su una decina di dati bibliografici, come studi faunistici, rilevamenti sul campo, analisi cartografiche e risultati di progetti di analisi territoriali (oltre che numerose segnalazioni e conferme sul campo). Non vorremmo perciò che la richiesta di dilazioni sia il pretesto per buttarla in politica, paventando magari ricorsi e cause.
Atteggiamenti di questo tipo saranno da noi prontamente denunciati all’opinione pubblica: non si vive di solo lobby, specie in un territorio amato e vissuto dai cittadini come il Parco Agricolo Sud Milano.