Piazza d’Armi è un bene comune
e il nuovo PGT di Milano deve tenere conto
che il verde ha più valore del cemento
26 giugno 2018. La conferenza stampa organizzata ieri a Milano dalle Giardiniere, tra i gruppi più attivi nella tutela dei 330.000 mq di verde di Piazza d’Armi, ha offerto spunti di riflessione e di focalizzazione delle azioni di pressione sul Comune e sulle scelte urbanistiche che, in occasione della revisione del Piano di Governo del Territorio, si appresta a fare.
Due i peccati di origine di questa area: il primo è stato la scelta del Governo nazionale di cedere due anni fa queste aree demaniali alla società immobiliare pubblica INVIMIT SGR Spa al fine della loro valorizzazione, vale a dire la messa in vendita sul mercato immobiliare con gli standard edificatori previsti del PGT milanese. Il secondo è stata la scelta del Piano di Governo del Territorio (PGT) –stilato dall’ex sindaca Moratti e revisionato in corso d’opera da Pisapia- che ha identificato quest’area come ATU (Ambito di Trasformazione Urbana), con la possibilità di costruire 290.000 mq di superficie lorda di pavimento, cioè circa 4000 alloggi di medie dimensioni (pari a circa 10mila abitanti). Certo, le casse dello Stato sono dissestate, ma per le associazioni e comitati che difendono Piazza d’Armi il valore che questo ecosistema porta alla città è ben superiore a quanto può portare la scelta irreversibile di costruirci su. “Così si distrugge valore, non lo si aumenta”…
Piazza d’Armi è un bene comune
e il nuovo PGT di Milano deve tenere conto
che il verde ha più valore del cemento
26 giugno 2018. La conferenza stampa organizzata ieri a Milano dalle Giardiniere, tra i gruppi più attivi nella tutela dei 330.000 mq di verde di Piazza d’Armi, ha offerto spunti di riflessione e di focalizzazione delle azioni di pressione sul Comune e sulle scelte urbanistiche che, in occasione della revisione del Piano di Governo del Territorio, si appresta a fare.
Due i peccati di origine di questa area: il primo è stato la scelta del Governo nazionale di cedere due anni fa queste aree demaniali alla società immobiliare pubblica INVIMIT SGR Spa al fine della loro valorizzazione, vale a dire la messa in vendita sul mercato immobiliare con gli standard edificatori previsti del PGT milanese. Il secondo è stata la scelta del Piano di Governo del Territorio (PGT) –stilato dall’ex sindaca Moratti e revisionato in corso d’opera da Pisapia- che ha identificato quest’area come ATU (Ambito di Trasformazione Urbana), con la possibilità di costruire 290.000 mq di superficie lorda di pavimento, cioè circa 4000 alloggi di medie dimensioni (pari a circa 10mila abitanti). Certo, le casse dello Stato sono dissestate, ma per le associazioni e comitati che difendono Piazza d’Armi il valore che questo ecosistema porta alla città è ben superiore a quanto può portare la scelta irreversibile di costruirci su. “Così si distrugge valore, non lo si aumenta”.
Il grande capitale della natura
L’affermazione è importante perché viene non da un innamorato del paesaggio verde, ma dall’economista Federico Pontoni, docente allo IEFE, uno degli Istituti dell’Università Bocconi. Se è facile stabilire il valore immobiliare dell’area (la base d’asta –andata deserta- per cederla a privati è stata di 60 milioni di euro) più complesso è stabilire quanto vale un’area verde con un bosco come questa: ma per una metropoli come Milano, con i suoi problemi di inquinamento e idrogeologici, il valore può essere anche il doppio. Gli alberi, specie di alto fusto, assorbono inquinanti, emettono ossigeno e contribuiscono a combattere la bolla di calore della città. Più in generale il verde evita o rallenta lo scorrimento delle acque in superficie, limitando gli effetti delle ormai frequenti bombe d’acqua. “Tutto ciò -sempre secondo Pontoni- ha un valore economico, anche solo contabilizzando le morti da inquinamento evitate. Altri aspetti, come ad esempio il paesaggio, sono meno facilmente quantificabili, ma per calcolarli vi sono tecniche sviluppate all’estero e già applicate in qualche caso in Italia”.
Piazza d’Armi bene comune
Spetterebbe al comune di Milano valutare tutto ciò, anche perché questo Ente è impegnato a individuare e salvaguardare le proprietà definibili bene comune, che non è uno slogan, ma qualcosa ben definito dal diritto, tanto quello degli antichi Romani quanto nella Costituzione italiana: ovvero tutto ciò che, a prescindere che sia di proprietà pubblica o privata, risponde ai bisogni fondamentali dell’uomo (e delle generazioni future). Comitati e associazioni, coadiuvati dall’avvocato Veronica Dini, stanno richiedendo al Comune di riconoscere Piazza d’Armi come bene comune. “Il comune può dire anche di no –afferma l’avvocato Dini, presidente dell’associazione Circola- ma deve ben motivare una simile decisione”.
Le richieste dei cittadini
Oltre a questa istanza, le associazioni stanno procedendo su altri due fronti. Il Comitato Cittadini per Piazza d’Armi sta raccogliendo le firme da presentare alla Commissione petizioni del Parlamento europeo. L’area ha un alto valore naturalistico, come testimoniano le 34 specie di uccelli protette (censimento effettuato da Lipu), nonché di altri animali rari in Lombardia come il tritone crestato e il rospo smeraldino, anch’essi protetti da Direttive dell’Unione Europea.
Si è, inoltre, in attesa di conoscere l’esito dell’istanza di vincolo paesaggistico, sulla base degli articoli 136 e 138 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Il valore dell’area è altresì testimoniata dal successo delle oltre 3mila firma raccolte nella passata edizione dei Luoghi del Cuore del FAI (Fondo Ambiente Italiano).
Un terzo fondamentale momento di pressione saranno le osservazioni al PGT di Milano, attualmente in revisione. Qui, le immagini aree e satellitari parlano da sé. Quest’area verde non è completamente interclusa dai palazzi della periferia ovest di Milano, ma si allaccia ai grandi comparti verdi del Parco Agricolo Sud Milano –in primis il Parco delle Cave- e costituisce un ganglio vitale delle rete ecologica milanese, come testimoniano le già dette numerose presenze di specie rare. A settembre, dopo il primo passaggio in aula consiliare per l’adozione della revisione del Piano, comitati e associazioni ambientaliste, compresa la nostra, avranno modo di argomentare il mantenimento e la tutela dell’area, che dopo millenni di attività agricole e i pochi decenni di campo prova militare, ora è diventata a tutti gli effetti una riserva naturale urbana. I cui benefici per la città costituiscono un valore enorme, sensibilmente superiore a quanto si può ricavare dalla trasformazione in aree edificabili.