Il paesaggio è (anche) roba da agricoltori
Agli Stati generali del paesaggio
mancava l’agricoltura: un curioso paradosso
10 novembre 2017. Dario Franceschini, ministro al Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo), ha indetto gli Stati generali del Paesaggio, svoltosi a fine ottobre: una due giorni di lavoro che ha coinvolto oltre quaranta tecnici e specialisti del settore per un confronto sul futuro delle politiche paesaggistiche in Italia. Si sa che gli Stati generali sono una “invenzione” francese e prevedevano la partecipazione dei 3 ordini o Stati (nobiltà, clero e terzo Stato, ossia la borghesia). Traslando, oggi i 3 ordini sono la politica, il clero e i cittadini comuni. Ma già ai tempi della Rivoluzione francese al terzo stato appartenevano gli agricoltori “poiché la terra e l’acqua forniscono la materia prima per i bisogni dell’uomo, la prima classe in ordine logico sarà composta da tutte le famiglie legate ai lavori della campagna”. Però, oltre a fornire il cibo, i lavoratori della campagna hanno consentito la creazione e la salvaguardia del paesaggio, a rendere magnifico il Bel Paese, pur se in buona parte ormai spazzato via dalla protervia del cemento.
Eppure, agli Stati Generali del Paesaggio, gli agricoltori non sono stati invitati! Ecco perché vogliamo proporvi l’articolo pubblicato da Agronotizie a firma di Duccio Caccioni, perito agrario, agronomo e dottore di ricerca in Patologia Vegetale (molto riduttivo rispetto al suo curriculum), che esprime bene anche il nostro pensiero…
Il paesaggio è (anche) roba da agricoltori
Agli Stati generali del paesaggio
mancava l’agricoltura: un curioso paradosso
10 novembre 2017. Dario Franceschini, ministro al Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo), ha indetto gli Stati generali del Paesaggio, svoltosi a fine ottobre: una due giorni di lavoro che ha coinvolto oltre quaranta tecnici e specialisti del settore per un confronto sul futuro delle politiche paesaggistiche in Italia. Si sa che gli Stati generali sono una “invenzione” francese e prevedevano la partecipazione dei 3 ordini o Stati (nobiltà, clero e terzo Stato, ossia la borghesia). Traslando, oggi i 3 ordini sono la politica, il clero e i cittadini comuni. Ma già ai tempi della Rivoluzione francese al terzo stato appartenevano gli agricoltori: “poiché la terra e l’acqua forniscono la materia prima per i bisogni dell’uomo, la prima classe in ordine logico sarà composta da tutte le famiglie legate ai lavori della campagna”. Però, oltre a fornire il cibo, i lavoratori della campagna hanno consentito la creazione e la salvaguardia del paesaggio, a rendere magnifico il Bel Paese, pur se in buona parte ormai spazzato via dalla protervia del cemento.
Eppure, agli Stati Generali del Paesaggio, gli agricoltori non sono stati invitati! Ecco perché vogliamo proporvi l’articolo pubblicato lo scorso 2 novembre da Agronotizie a firma di Duccio Caccioni, perito agrario, agronomo e dottore di ricerca in Patologia Vegetale (molto riduttivo rispetto al suo curriculum), che esprime bene anche il nostro pensiero.
Il paesaggio è (anche) roba da agricoltori
Agli Stati generali del paesaggio
mancava l’agricoltura: un curioso paradosso
Leggiamo che gli agricoltori erano gli unici a non essere invitati agli Stati Generali del Paesaggio convocati negli scorsi giorni dal ministero per i Beni culturali (Mibact).
In effetti compulsando il programma abbiamo visto relazioni di architetti, docenti, prefetti, archeologi, economisti, giornalisti, ambientalisti, sindaci… ma non una di un professionista riconducibile in qualche maniera al mondo agricolo. E questo la dice lunga.
Se si escludono le aree urbane (ma non del tutto) buona parte del paesaggio (compreso anche quello così detto naturale) è creato e gestito dalla mano dell’uomo – quindi da agricoltori.
Si può allora ben dire che sono stati fatti i conti senza l’oste.
Ottima e meritevole l’iniziativa, ma verrebbe da dire (e da temere) che il paesaggio sia visto come un argomento su cui fare molta teoria e poca pratica. La gestione del paesaggio è materia assai complessa – certo teorica, ma anche estremamente pratica – come ci hanno d’altronde insegnato maestri del calibro di Emilio Sereni, che proprio la prossima settimana sarà celebrato con un convegno a Gattatico di Reggio Emilia.
Ma vediamo cosa si fa di pratico in altri paesi: tanto per fare un esempio, la Svizzera, un paese che si può ben dire tuteli e tesaurizzi alla perfezione il proprio paesaggio – un paese in cui si fa tanta pratica.
Da cinque anni una specifica legge federale fa erogare ‘contributi per la qualità del paesaggio’ agli agricoltori. E il 70% di quelli elvetici se ne giova, integrando il proprio reddito e contribuendo enormemente alla gestione paesistica. Che ricordiamolo bene non comporta solo benefit dal punto di vista ambientale o turistico, ma anche minori spese per la gestione del territorio e per evitare le emergenze date dal degrado idrogeologico (in Italia un elevatissimo numero di Comuni ha criticità idrogeologiche).
Molto praticamente in Svizzera fare un pagliaio all’aperto vale 180 franchi, un muretto a secco 100 franchi, un albero piantato 15 franchi, un prato di narcisi 800 franchi a ettaro.
Auspichiamo allora che: architetti, docenti, prefetti, archeologi, economisti, giornalisti, ambientalisti, sindaci etc. levino il capo dalle loro gravi carte e vadano a farsi un giro (in Svizzera).