Veleni tossici nei campi da oltre 30 anni
Di nuovo, Ca’ del Lambro, a Mediglia,
racconterà cosa nasconde sotto la sua terra
24 agosto 2017. Il comune di Mediglia, esteso su circa 22 km quadrati, conta 4 siti classificati dalla Regione Lombardia come contaminati e da bonificare: uno è l’Azienda agricola in area Ca’ del Lambro, c’è poi quello in località Cerca appartenente alla Spa Mediglia Servizi Ecologici; il sito del parco serbatoi della Mapei e quello dell’Agip in località 4 strade. Stando al numero di pratica si riesce anche a capire quanto “vecchie” siano le aree contaminate in attesa di bonifica: la n. 115 riguarda l’azienda agricola, mentre le altre hanno rispettivamente il n. 3.765, 13.752 e 6.722, quindi di parecchio tempo successive.
Infatti, dell’inquinamento a Ca’ del Lambro, un’area agricola estesa su circa 18mila mq, al confine del comune di San Giuliano Milanese e adiacente il corso del fiume Lambro, le varie amministrazioni locali e regionali sono a conoscenza sin dal 1986, come si evince dalla sentenza n. 1904 del 2 aprile 2001 del Consiglio di Stato, sez. V (ne riportiamo uno stralcio):
“- in data 13 maggio 1986, in località Ca’ del Lambro, in un’area di proprietà…
Veleni tossici nei campi da oltre 30 anni
Di nuovo, Ca’ del Lambro, a Mediglia,
racconterà cosa nasconde sotto la sua terra
24 agosto 2017. Il comune di Mediglia, esteso su circa 22 km quadrati, conta 4 siti classificati dalla Regione Lombardia come contaminati e da bonificare: uno è l’Azienda agricola in area Ca’ del Lambro, c’è poi quello in località Cerca appartenente alla Spa Mediglia Servizi Ecologici; il sito del parco serbatoi della Mapei e quello dell’Agip in località 4 strade. Stando al numero di pratica si riesce anche a capire quanto “vecchie” siano le aree contaminate in attesa di bonifica: la n. 115 riguarda l’azienda agricola, mentre le altre hanno rispettivamente il n. 3.765, 13.752 e 6.722, quindi di parecchio tempo successive.
Infatti, dell’inquinamento a Ca’ del Lambro, un’area agricola estesa su circa 18mila mq, al confine del comune di San Giuliano Milanese e adiacente il corso del fiume Lambro, le varie amministrazioni locali e regionali sono a conoscenza sin dal 1986, come si evince dalla sentenza n. 1904 del 2 aprile 2001 del Consiglio di Stato, sez. V (ne riportiamo uno stralcio):
“- in data 13 maggio 1986, in località Ca’ del Lambro, in un’area di proprietà degli attuali appellati, ubicata in riva al fiume Lambro, erano stati rinvenuti, interrati in riva al fiume, diversi contenitori metallici ripieni di prodotti chimici;
– con note n. 3629 e n. 3630, il sindaco informava del fatto il pretore di Lodi ed il settore ambiente della provincia di Milano, evidenziando che, in base al rilevamento compiuto dal vigile accertatore, i rifiuti ritrovati erano di “marcata prevalenza industriale di tipo solido e non biodegradabile”;
– con ordinanza del 13 maggio 1986, il sindaco disponeva la recinzione dell’area e la rimozione dei rifiuti;
– le successive indagini svolte evidenziavano il collegamento con un’industria chimica di Melegnano”.
Il camionista pentito svelò dove aveva scaricato veleni
A quanto pare, alla “scoperta” della bomba ecologica in quest’area avrebbe contribuito -già nel 1985- l’autodenuncia di un camionista che aveva confessato di avere scaricato nell’area, in diverse fasi e tempi, fusti di prodotti chimici e molto altro. Si iniziò a scavare e il tutto venne confermato dal ritrovamento di solventi, vernici e materiali inquinanti. Poi è tutto un rimbalzare di fondi: nel 1988 vengono stanziati dalla Regione 500 milioni di lire, nel dicembre del 1995 il Comune di Mediglia trasmette documentazione riguardante l’area Ca’ del Lambro (relazione tecnica al progetto di bonifica, situazione legale, pareri); nel 1996 l’Assessore regionale all’Ambiente invia nota al Comune con cui si forniscono chiarimenti in ordine al mancato finanziamento degli interventi di bonifica. La causa? Il mancato avvio dei lavori.
Successivamente vi furono due Commissioni d’inchiesta -e arriviamo al 2005- che confermarono la presenza nel terreno e nell’area adiacente il fiume Lambro di elementi pericolosi per la salute pubblica, tra i quali il cadmio, metallo pesante che può danneggiare reni e ossa e favorire il tumore ai polmoni. Il cadmio è stato anche identificato come potenziale causa di cancro al polmone: i gruppi di popolazione più a rischio sono gli anziani, i diabetici, i fumatori e le donne incinte. Il cibo è la principale fonte di esposizione al cadmio per la popolazione generale.
Intanto, i proprietari dei terreni hanno continuato a utilizzarli per colture agricole!
L’opposizione della proprietà dei terreni
Nel 2014, stando a quanto si legge sul Bollettino della Regione Lombardia, “l’Amministrazione comunale intraprende le opportune azioni “al fine di riscontrare il grado di pericolosità dell’area oggetto dell’ammasso abusivo di rifiuti, allo scopo di adottare le opportune soluzioni di messa in sicurezza dell’area, mirate a scongiurare possibili situazione di inquinamento ambientale, e di pericolo per l’igiene e la salute pubblica, in relazione all’inottemperanza dei soggetti obbligati/interessati”. In questo contesto, la Regione stanzia 11.990 euro.
Nel 2015, ancora la Regione (Bollettino ufficiale n. 50) dichiara “di impegnare l’importo complessivo di euro 216.136,08 a favore del Comune di Mediglia, ai fini della copertura delle spese necessarie per l’esecuzione degli interventi previsti nel Piano di caratterizzazione dell’area Ca’ del Lambro…”. La caratterizzazione è “l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito” (dal sito ISPRA). Ma i lavori non partono: va sottolineato che negli anni, la proprietà dei terreni si è opposta a interventi nell’area ricorrendo più volte al Tar. Anche in quest’ultimo frangente ha fatto ricorso, chiedendo la sospensione dei lavori. Ma poi è tornata sui propri passi e ha ritirato il ricorso.
Ed eccoci al 2017. Ci sono voluti 31 anni per arrivare alla fase di “caratterizzazione”, non è ancora quella della bonifica. Il Comune, infatti, ha ottenuto i finanziamenti dalla Regione Lombardia per procedere e censire cosa ancora c’è sotto a questi terreni, a distanza di 31 anni dalla scoperta del disastro ambientale.
Una lunga storia, purtroppo non unica, che evidenzia quanta inerzia vi sia da parte della pubblica amministrazione nei confronti delle problematiche ambientali, incluse quelle con potenziali ricadute sulla salute delle persone.