Niccolò Reverdini, umanista, filologo, naturalista
ma anche agricoltore in senso lato
che contribuisce a rendere grande il Parco Sud
6 marzo 2013. Ciò che rende grande, unico, incomparabile il Parco Agricolo Sud Milano non è solo la sua immensa potenzialità di garantire a Milano i frutti della terra o il suo contributo a rendere l’aria più respirabile o, ancora, il suo inestimabile patrimonio architettonico: da cascine a castelli, a rocche ad abbazie. A rendere unico questo Parco è anche l’impegno e la passione di molti degli agricoltori che ne hanno compreso il suo valore intrinseco. E, tra questi, uno dei migliori esempi è quello di Niccolò Reverdini (anch’egli anima dei fondatori dell’Associazione per il Parco Sud Milano), cui il Corriere della Sera dedica un approfondito servizio.
Lo riportiamo perché effettivamente rispecchia il Niccolò che ben conosciamo, pur se difficilmente si riesce a scoprire le mille sfaccettature di questa meravigliosa persona che conferisce al nostro parco un ulteriore punto d’orgoglio. Grazie Niccolò!
Ecco il testo dell’articolo a firma di Paolo Di Stefano
Niccolò, contadino e filologo: «Nella terra ritrovo Virgilio e Plutarco»
Pronipote dello scrittore scapigliato Carlo Dossi, allievo di Isella, guida una cascina a sud di Milano come un trattato di filologia forestale …
Niccolò Reverdini, umanista, filologo, naturalista
ma anche agricoltore in senso lato
che contribuisce a rendere grande il Parco Sud
6 marzo 2013. Ciò che rende grande, unico, incomparabile il Parco Agricolo Sud Milano non è solo la sua immensa potenzialità di garantire a Milano i frutti della terra o il suo contributo a rendere l’aria più respirabile o, ancora, il suo inestimabile patrimonio architettonico: da cascine a castelli, a rocche ad abbazie. A rendere unico questo Parco è anche l’impegno e la passione di molti degli agricoltori che ne hanno compreso il suo valore intrinseco. E, tra questi, uno dei migliori esempi è quello di Niccolò Reverdini (anch’egli anima dei fondatori dell’Associazione per il Parco Sud Milano), cui il Corriere della Sera dedica un approfondito servizio. Lo riportiamo perché effettivamente rispecchia il Niccolò che ben conosciamo, pur se difficilmente si riesce a scoprire le mille sfaccettature di questa meravigliosa persona che conferisce al nostro parco un ulteriore punto d’orgoglio. Grazie Niccolò!
Ecco il testo dell’articolo a firma di Paolo Di Stefano
Niccolò, contadino e filologo: «Nella terra ritrovo Virgilio e Plutarco»
Pronipote dello scrittore scapigliato Carlo Dossi, allievo di Isella, guida una cascina a sud di Milano come un trattato di filologia forestale
Niccolò Reverdini
Il Pollo Milanino e la Bovina Varzese sono due razze pregiate lombarde a rischio di estinzione. Si potrebbe cominciare da qui per spiegare chi è Niccolò Reverdini: un contadino-filologo impegnato a recuperare l’assetto primitivo dell’ecosistema della campagna e del bosco vicino a Milano, esattamente come uno studioso di letteratura si concentra sul restauro dei testi antichi e moderni originari. Non a caso Reverdini si è formato alla scuola pavese di Dante Isella, di Cesare Bozzetti, di Cesare Segre, di Antonia Tissoni Benvenuti: sa che cos’è la filologia, continua a occuparsene studiando Virgilio, l’umanista Decembrio, lo scapigliato Dossi, Cattaneo, Gadda, ma la applica anche all’agricoltura (biologica) da quando, nel 1996, ha deciso di ritirarsi alla Cascina Forestina, nel Bosco di Riazzolo, Parco Agricolo Sud Milano. E ciò che vale per le razze animali, vale anche per la flora autoctona.
Le due anime
Va detto che Reverdini ha in sé quelle due anime, umanistica e naturalistica, per tradizione familiare. Basti ricordare che il bisnonno materno era il nobiluomo-diplomatico-archeologo Alberto Carlo Pisani Dossi, lo scrittore pasticheur, maestro della scapigliatura milanese, cui si devono opere come il fluviale zibaldone de Le note azzurre. E basti aggiungere che fu Franco, il figlio dello scrittore, a comperare i terreni della Forestina nel 1935 per salvarli dal disboscamento voluto dalla battaglia del grano fascista.
Il Sentiero Virgiliano
Lo ricorda Niccolò, passeggiando per il Sentiero Virgiliano che ha appena ripulito: «Da bambino, finita la scuola, passavo qui le prime vacanze. Nonno Franco mi accompagnava per mano lungo i laghetti, mi mostrava i germani e i grossi pesci, lucci e carpe, sotto la riva di edera color pervinca. È stato lui a iniziarmi alla bellezza della natura». Nella memoria di Niccolò c’è una donna «selvaticissima» che si chiamava Carla, nipote del primo guardacaccia di suo nonno, il Carlin del Cücch: «Era una allevatrice di polli e di fagiani e la notte, se sentiva fruscii o rumori, sparava dalla finestra pensando che fossero i bracconieri. Si vantava di non aver mai visto il Duomo». Il bosco era abitato, ai tempi, dentro un grande recinto, da daini cervi mufloni: «Fu il nonno a costruire quel recinto: attinse l’idea dalle pagine del Decembrio sulla vita del signore milanese Filippo Maria Visconti. Il nonno era un coltivatore diretto che aveva molto a cuore il Bosco di Riazzolo. Io ho preso da lui». E infatti Reverdini si occupa prevalentemente del bosco, mentre i suoi due soci, Silvia e Sebastiano Canavesio, guardano all’allevamento e alla ristorazione.
Vita in cascina
Per le «buone pratiche» e le qualità agroalimentari della Forestina, sono arrivati molti riconoscimenti importanti di cui Niccolò va fiero dopo tante fatiche: «Già a undici anni venivo qui da solo in bicicletta da via Brera. Nel ’96, estenuato dagli esami in cui mettevo un accanimento eccessivo, mi sono concentrato sulla Forestina con l’idea di stemperare anche certe tensioni personali: ogni mattina venivo qua da Milano su un Ciao blu». Ancora prima di passare alla tesi, Niccolò era già segnalato dai professori pavesi come un giovane dal futuro universitario molto promettente. Isella, massimo esperto di Dossi, l’aveva adottato e durante il lavoro filologico si faceva volentieri affiancare da Niccolò. Il quale poi, da coltivatore diretto e imprenditore agricolo, avrebbe scritto saggi importanti sul dialetto del bisnonno e sulla storia editoriale delle Note azzurre, pur conservando una passione per le elegie latine tra Quattro e Cinquecento: «Il proposito, quando sono arrivato qui, era quello di affiancare lo studio universitario con il lavoro fisico e concreto. Mi sono impegnato a recuperare il bosco e a restaurare gli edifici, che sono quattro, come nelle classiche corti lombarde: la casa del fattore, la casa dei salariati, la stalla con fienile e la scuderia». Oggi un luogo ideale per i bambini. Emma e Carlo, i due figli di Reverdini (15 e 13 anni), dopo la separazione dei genitori, vengono qui nel fine settimana a godersi il prato, le bestie, il bosco.
Siepi, filari e fontanili
Niccolò parla di siepi e filari e fontanili. Ricorda che le cascine da bambino gli apparivano come case di fantasmi, paurose e affascinanti. Racconta la generosità spigolosa e gioviale dei contadini nell’insegnargli a irrigare, a usare il badile, la vanga, il falcetto e la roncola, ma non dimentica le ostilità di certi cacciatori sospettosi. Illustra come contenere l’ingressione delle specie esotiche che rischiano di cancellare la biodiversità. Evoca la teoria delle aree laterali di origine linguistica e spiega come il lavoro agricolo gli dia la serenità e il morale per dedicarsi con equilibrio anche alla filologia. E mentre Niccolò parla, ai tavoli della Forestina, che è diventata anche un agriturismo innovativo (con otte camere affacciate sulla corte a prato o sulla quattrocentesca Roggia Soncina), arrivano la terrina di polenta con crema di taleggio, il cacciatorino, la verza screziata per cominciare. Seguirà un risotto sfumato al Pinot con mela ruggine e le tagliatelle al ragù di pollo. «Il pane», dice Niccolò, «viene da un panettiere di Bareggio: noi diamo la nostra farina di grano duro, una varietà antica, e il panettiere ci procura i filoni, un vero baratto. La polenta di segale e mais viene macinata in pietra dal Molino Bava, che si trova nella valle del Ticino». Tutto sul Pollo Milanino? Ha le zampe bianche come il piumaggio e fu selezionato negli anni 20 dal ragionier Isidoro Bianchi di Cusano.
Filologia forestale
Si ha l’idea di un sistema complesso, che comprende anche le attività didattiche con le scuole e la cosiddetta agricoltura sociale favorita dall’Europa: il coinvolgimento di persone disabili, di dipendenti da alcol o droghe, di richiedenti asilo (due giovani assunti sono il ghanese, Alì, e il senegalese, Moussa). E poi: la collaborazione sempre più intensa con l’università, lo spirito cooperativo del territorio rurale e l’insistenza essenziale sulla biodiversità. E a questo proposito il coltivatore-filologo non esita a ricordare il De Magnalibus Urbis Mediolani, un trattato duecentesco di Bonvesin de la Riva che racconta il rapporto stretto tra campagna e città nel medioevo e dove trionfa il catalogo delle specie che nutrivano Milano, cereali, legumi, ortaggi, pesci e gamberi… Ma accenna anche a una ricerca condotta per lo storico dell’arte Giovanni Agosti sui cicli di mesi illustrati negli arazzi del Bramantino: «Si trattava, mese per mese, di identificare flora e fauna dell’iconografia. Per esempio, abbiamo scoperto la presenza, a marzo, del picchio verde, un uccello sacro a Marte citato in Plutarco… La grande lezione di filologia appresa a Pavia si è radicata profondamente nella mia vita ed è riemersa nel lavoro agricolo, e il saper leggere la ricchezza dell’ecosistema ha a che fare con la visione strutturalista: tutti gli appezzamenti del bosco sono un unicum». In un prezioso fascicoletto, pubblicato qualche anno fa, Reverdini rilegge Le Bucoliche di Virgilio rintracciandovi gli stessi elementi territoriali che si incontrano nel Bosco di Riazzolo: il folto nocciolo, le farnie («le querce folgorate dal cielo»), il tenero viburno, l’alto olmo, il castagno, il melo selvatico e il sambuco con le sue «sanguigne bacche». Filologia forestale.