Bonifica terreni agricoli a Carpiano
contaminati da sostanze chimiche
L’inquietante silenzio della Regione
14 febbraio 2017. È rimasto nei cassetti dei nostri amministratori per quasi un decennio: è il dossier del 2007 del Centro Comune di Ricerche della Commissione Europea di Ispra, che in base alle analisi chimiche effettuate su alcuni terreni agricoli a cavallo della provincia di Milano (con Carpiano, nel Parco Sud) e della provincia Pavia, a Landriano e Bascapè, rivelano una concentrazione di diossine superiore di 25 volte i limiti di legge e valori superiori ai limiti anche per vari metalli pesanti, Pcb e furani.
Dopo l’allarme lanciato dal comitato dei cittadini nel 2015, raccolto solo dal M5S, finalmente qualcosa si è mosso. Ma intanto, per anni si è andati avanti a coltivare come se niente fosse. Nel frattempo, i veleni riscontrati nel 2007 dal Centro Comune di Ricerca di Ispra, si sarebbero dissolti (o disciolti nelle acque, nei terreni?). Solo in 2 ettari di terreno, dei 12 “segnalati” dal Centro Europeo rimanevano in dubbio di inquinamento: lo scorso settembre si era giunti a una riunione tecnica in Regione Lombardia, che alla fine chiedeva un’ulteriore analisi per individuare inquinanti nelle prime acque di falda. Di lì a breve, l’azienda agricola che possiede i 2 ettari proponeva alla Regione la “caratterizzazione” (linee specifiche per individuare inquinanti) sulle acque. In novembre l’azienda chiede se la caratterizzazione proposta è accettabile: ma da allora il silenzio da parte della Regione, pur con sollecitazioni telefoniche e poi scritte da parte del Comune di Carpiano, è assoluto…
Bonifica terreni agricoli a Carpiano
contaminati da sostanze chimiche
L’inquietante silenzio della Regione
14 febbraio 2017. È rimasto nei cassetti dei nostri amministratori per quasi un decennio: è il dossier del 2007 del Centro Comune di Ricerche della Commissione Europea di Ispra, che in base alle analisi chimiche effettuate su alcuni terreni agricoli a cavallo della provincia di Milano (con Carpiano, nel Parco Sud) e della provincia Pavia, a Landriano e Bascapè, rivelano una concentrazione di diossine superiore di 25 volte i limiti di legge e valori superiori ai limiti anche per vari metalli pesanti, Pcb e furani.
Dopo l’allarme lanciato dal comitato dei cittadini nel 2015, raccolto solo dal M5S, finalmente qualcosa si è mosso. Ma intanto, per anni si è andati avanti a coltivare come se niente fosse.
Nel frattempo, i veleni riscontrati nel 2007 dal Centro Comune di Ricerca di Ispra, si sarebbero dissolti (o disciolti nelle acque, nei terreni?). A quanto pare, tutti i rilevamenti effettuati nel 2016, non hanno riscontrato elementi che possano mettere a rischio la salute pubblica. Inoltre, dai 12 ettari “messi sotto accusa” l’area ancora in causa per accertamenti è stata circoscritta a 2 ettari, concentrati in terreni di cascina Calnago, a Carpiano. Il tutto è stato messo nero su bianco, a gennaio del 2016, dall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Città Metropolitana di Milano che dichiarava che “la contaminazione riscontrata da Centro Comune di Ricerca su un terreno della Cascina Calnago non comporta, allo stato attuale, alcun rischio sanitario per la popolazione”. Ad affermarlo era il responsabile del Servizio Igiene degli Alimenti, dottor Maurizio Montanelli, il quale scriveva testualmente: “Per quanto riguarda le tanto citate diossine e PCBs, sono stati riscontrati segnali di presenza in tracce unicamente nella fascia più superficiale del terreno e in concentrazioni decisamente inferiori rispetto ai valori soglia definiti dalla legge vigente”.
Regione Lombardia, è tempo di darsi una mossa
Solo nel 2016 l’agricoltore di Carpiano, di sua spontanea volontà, ma sotto la pressione dei cittadini sempre più arrabbiati, ha interrotto le produzioni. Agricoltore che, oltretutto, aveva presentato una perizia di parte che non convinceva né per le spiegazioni sulle cause dell’inquinamento né per i rimedi proposti. Infatti, si tentava ancora una volta di far ricadere le cause del problema altrove, ipotizzando un trasporto degli inquinanti tramite le rogge da una sito esterno ai due ettari di terreno più contaminati: a parte che un “cammino” del genere avrebbe lasciato evidenti tracce, rimane il fatto che, negli anni ’70 e ’80, imprenditori senza scrupoli (leggi banditi) hanno accumulato veleni in siti inidonei, spacciandoli in qualche caso ad agricoltori come fanghi da spandere sui campi per migliorarne la qualità.
Si era poi giunti a una riunione tecnica in Regione Lombardia il 27 settembre 2016, che è stata ancora una volta solo interlocutoria, pur se la Regione richiede una ulteriore analisi per individuare inquinanti nelle prime acque di falda. In parallelo arrivava la notizia che i tecnici regionali non avevano accolto le conclusioni della perizia di parte (dell’azienda in cui ricadono i terreni), che tendeva a minimizzare il problema e a permettere la prosecuzione delle attività agricole.
Di lì a breve, l’azienda agricola proponeva alla Regione la “caratterizzazione” (linee specifiche per individuare inquinanti) sulle acque. In novembre l’azienda chiede se la caratterizzazione proposta è accettabile: ma da allora il silenzio da parte della Regione, pur con sollecitazioni telefoniche e poi scritte da parte del Comune di Carpiano, è assoluto.
Perché mesi di silenzio per una semplice individuazione delle aree dei pozzetti e della loro profondità? I cittadini sono stanchi di aspettare: non si sa quando e con quali complicità siano stati gettati i veleni su questi campi (poi spariti), ma è un dato certo che l’allarme è stato lanciato nel lontano 2007, e non da un ambientalista arrabbiato, ma dall’autorevole Centro Comune di Ricerche della Commissione Europea di Ispra. Non è tempo che la Regione Lombardia si muova?