A quei cittadini che sull’area Expo
hanno votato sì al referendum per un parco:
ribelliamoci al nuovo cemento che colerà!
“Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo e la sua connessione al sistema delle aree verdi e delle acque?” Era questo uno dei quesiti, tra i 5 ambientali proposti nel 2011 dall’amministrazione Pisapia, appena insediatasi, cui i cittadini hanno risposto con altissimo consenso: i risultati indicavano una nettissima vittoria dei sì per tutti i quesiti: per il parco Expo, il 95,29% di consensi.
E invece -secondo le nuove intenzioni di Arexpo, la società proprietaria dei terreni che ha Comune di Milano e Regione Lombardia come soci- le aree Expo verranno trasformate in un Parco della Scienza, del Sapere e dell’Innovazione, con tanto di Human Technopole, campus universitario, imprese, residenze, eccetera. E il parco? Sparisce! Ma…
A quei cittadini che sull’area Expo
hanno votato sì al referendum per un parco:
ribelliamoci al nuovo cemento che colerà!
“Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo e la sua connessione al sistema delle aree verdi e delle acque?” Era questo uno dei quesiti, tra i 5 ambientali proposti nel 2011 dall’amministrazione Pisapia, appena insediatasi, cui i cittadini hanno risposto con altissimo consenso: i risultati indicavano una nettissima vittoria dei sì per tutti i quesiti: per il parco Expo, il 95,29% di consensi.
La consultazione era stata promossa da un comitato trasversale, bipartisan, e sostenuta da una fitta rete di associazioni, dal mondo dell’università e della cultura. Edoardo Croci, Marco Cappato ed Enrico Fedrighini, rispettivamente presidente, segretario e portavoce del comitato promotore dei referendum MilanoSìMuove, avevano chiesto ai milanesi di andare a votare e di votare cinque sì “per partecipare direttamente alle scelte per il futuro della nostra città su una trasformazione urbana complessiva che interessa i sistemi della mobilità, dell’energia, del verde, delle acque, dell’uso dello spazio urbano”.
Quanto vale la volontà dei cittadini? Meno degli interessi privati
È vero che i referendum consultivi di indirizzo, previsti dallo Statuto comunale e dal Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare, non sono vincolanti per il governo cittadino. Ma non tenerne proprio per niente conto ci sembra quanto meno scorretto. È altrettanto vero che il quesito riguardava la conservazione integrale del parco agroalimentare che avrebbe dovuto essere realizzato sul sito Expo 2015. Il piano era nel progetto originario, quello presentato al Bie a fine aprile 2010. Sappiamo che poi è passato un altro progetto, ma il verdetto della popolazione di Milano è stato comunque chiaro: vogliamo un parco!
E invece -secondo le nuove intenzioni di Arexpo, la società proprietaria dei terreni che ha Comune di Milano e Regione Lombardia come soci- le aree Expo nei prossimi dieci anni verranno trasformate in un Parco della Scienza, del Sapere e dell’Innovazione, con tanto di Human Technopole, campus universitario, imprese, residenze, eccetera eccetera. Ma il parco vero, quello fatto di alberi, non ci sarà più. Eppure fino a ieri tutti lo davano per certo. Non perché fosse un vezzo, ma perché l’accordo di programma approvato nel 2011 dagli stessi soci di Arexpo, ovvero comune di Milano e Regione Lombardia, prevedeva una superficie a parco tematico non inferiore al 56% della superficie totale. E per evitare che ci fossero dubbi su cosa dovesse essere il lascito verde di Expo, il consiglio comunale di Milano alla delibera di approvazione dell’accordo di programma aveva allegato una mozione in cui nero su bianco si diceva cos’era il parco: “Un’area verde unitaria, non frammentata e connessa con i corridoi ecologici circostanti”. Quella mozione se la ricorda bene l’ex presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo, che così dichiara a Il Fatto Quotidiano del 16 settembre: “Il parco spezzettato di cui ora parla Bonomi, presidente di Arexpo, non è un parco ad uso pubblico -accusa Rizzo- ma un parco a servizio delle unità immobiliari che si realizzeranno. Non si può costruire una serie di edifici e chiamare parco quello che avanza. Su questo tema non sono i soci a poter decidere, ma se hanno cambiato idea la decisione deve passare per un nuovo voto in consiglio comunale”.
Rizzo si scaglia poi contro la trasformazione di Arexpo in una vera e propria società pubblica di sviluppo immobiliare, come l’ha definita lo stesso Bonomi: “Non mi pare rientri nei compiti del comune fare lo sviluppatore immobiliare -dice Rizzo-. Per questo ho proposto più volte che il comune esca dall’azionariato, recuperando le quote versate, cosa che consentirebbe di recuperare ulteriori risorse per le periferie e l’edilizia residenziale pubblica”.
La colata di cemento già versato per Expo
E non dimentichiamoci che per Expo di cemento ne è già stato colato a iosa: mega quartieri, con progetti edilizi, nella sola area a ovest di Milano che hanno coinvolto 1,3 milioni di mq a verde. Ecco qui il dettagliato elenco: oltre al lotto -a nord ovest- di Cascina Merlata, che ingloba 8mila abitanti su una superficie di circa 550mila mq, nel sud ovest sono in fase di completamento altri due imponenti progetti: qui ha già preso corpo il lotto Calchi Taeggi, Bisceglie, F.lli Zoia, che si estende su una superficie di 405.340 mq (l’area è nota per la questione dell’inquinamento del suolo e delle acque, intoppo poi superato con il classico “il fatto non sussiste” del giudice); c’è poi il l’edificato tra le vie Parri e Nitti, sviluppato su un’area di 342mila mq. Si tratta di insediamenti tra loro contigui, che hanno trovato spazio in aree totalmente a verde (che in parte è rimasta tale), a ridosso del Parco delle Cave e del Parco dei Fontanili (ambedue all’interno del Parco Sud). Pomposamente chiamato “parco occidentale” dalle immobiliari proponenti, nel complesso, i due lotti dovrebbe accogliere circa 8/9mila abitanti. Va evidenziato che i progetti erano di antica data, con Piani integrati di intervento già formalizzati nel 2008, ai tempi della giunta Moratti, e probabilmente (?) “digeriti” a forza dalla giunta Pisapia. Di chiunque sia stato l’ok finale, il risultato è che si è andati a urbanizzare 1,300 milioni di mq a costi irrisori per gli immobiliaristi, a discapito delle casse comunali. E a dirlo è Daniel Modigliani, presidente dell’Inu Lazio: “Il nostro sistema è incredibilmente sbilanciato sul guadagno privato piuttosto che sul ritorno pubblico!”. Grazie anche al fatto che si svendono territori rilasciando concessioni edilizie a prezzi stracciati, con esorbitanti ritorni per le immobiliari: il Comune incassa solo l’8% del valore del costruito mentre a Monaco di Baviera l’amministrazione ne ricava circa il 30% (dati 2013 Istituto Nazionale Urbanistica – INU).
Indipendentemente da quanto incasserà il Comune, riteniamo che il disattendere alla volontà dei cittadini espressa in un referendum, appena 5 anni fa, sia un pessimo biglietto da visita della nuova amministrazione!
30 settembre 2016