Nuovi orti urbani a Bosco in Città
i Comuni ampliano spazi con bandi
e i cittadini si fanno contadini
Michelle Obama, ormai vicina a lasciare la Casa Bianca, ha un po’ il merito avere tolto l’etichetta di “attività modaiola” al coltivare un orto. La first lady, sin dal primo mandato del marito, con guanti e pala ha sostituito il roseto creato da Jacqueline Kennedy per coltivarvi pomodori e zucchine, sviluppando emulazione a gogò. Per molti sarà un caso, ma in parallelo, l’antica la passione per l’orto sotto casa o sul balcone ha ripreso radici.
L’amore per la verdura “fai da te” è confermato anche dai dati di Cia-Confederazione italiana agricoltori: sono sempre di più gli italiani che coltivano stabilmente l’orto in giardino o in terrazza, risparmiando oltre il 10% sulla spesa ortofrutticola e garantendosi la completa tracciabilità alimentare. Oggi, sempre secondo i dati Cia, sono 1,8 milioni gli ettari coltivati nelle aree cittadine. La riprova viene anche dall’Istat che, nel recente rapporto di maggio, evidenzia come gli orti urbani siano la tipologia di verde che negli anni più recenti ha trovato crescente diffusione anche nelle città.
Milano, oltre al fatto, spesso dimenticato o ignorato, che si tratta pur sempre del secondo comune agricolo d’Italia con circa 130 aziende ed oltre 3.500 ettari di aree agricole in gran parte incluse nel Parco Sud, con i progetti Coltivami e Giardini condivisi, tra il 2012 e il 2015 Milano ha sottratto al degrado e reso godibile a tutti circa 40mila mq di aree urbane. E, proprio in questi giorni, Bosco in Città, grande area verde attrezzata gestita da Italia Nostra, unitamente al Comune promuove un bando per l’assegnazione di orti urbani familiari…
Nuovi orti urbani a Bosco in Città
i Comuni ampliano spazi con bandi
e i cittadini si fanno contadini
Michelle Obama, ormai vicina a lasciare la Casa Bianca, ha un po’ il merito avere tolto l’etichetta di “attività modaiola” al coltivare un orto. La first lady, sin dal primo mandato del marito, con guanti e pala ha sostituito il roseto creato da Jacqueline Kennedy per coltivarvi pomodori e zucchine, sviluppando emulazione a gogò.
Per molti sarà un caso, ma in parallelo, l’antica la passione per l’orto sotto casa o sul balcone ha ripreso radici. Così da noi, come anche in moltissimi altri Paesi occidentali, si sta affermando la figura del “contadino” di città: non solo per la crisi economica, ma anche per il gusto di mangiare più sano. Tanto che diversi ristoratori, anche in Italia, coltivano accanto al proprio locale verdure da servire ai clienti, in particolare quelli vegetariani.
L’amore per la verdura “fai da te” è confermato anche dai dati di Cia-Confederazione italiana agricoltori: sono sempre di più gli italiani che coltivano stabilmente l’orto in giardino o in terrazza, risparmiando oltre il 10% sulla spesa ortofrutticola e garantendosi la completa tracciabilità alimentare. Oggi, sempre secondo i dati Cia, sono 1,8 milioni gli ettari coltivati nelle aree cittadine.
La riprova viene anche dall’Istat che, nel recente rapporto di maggio, evidenzia come gli orti urbani siano la tipologia di verde che negli anni più recenti ha trovato crescente diffusione anche nelle città: nel 2014, 64 amministrazioni comunali li hanno previsti tra le modalità di gestione delle aree del verde (+18,5% rispetto al 2011).
In genere, gli orti urbani sono piccoli appezzamenti di terra di proprietà comunale utilizzati per uso domestico o per il giardinaggio ricreativo. Mediamente, vengono assegnati in comodato ai cittadini richiedenti e indirizzati, nei progetti delle amministrazioni, a favorire la socializzazione e l’inclusione sociale o a promuovere iniziative didattiche. La destinazione ad orto urbano di aree verdi interstiziali tra le aree edificate preserva, inoltre, queste piccole superfici, per lo più incolte, dall’abbandono e dal degrado e rappresenta un freno al dilagare del consumo di suolo.
La loro diffusione mostra forti polarizzazioni regionali: sono presenti in 40 delle 47 città del Nord (non ne dispongono solo Novara, Cuneo, Verbania, La Spezia, Monza, Rovigo e Gorizia), in tutti i comuni delle Marche e del Lazio (tranne a Ascoli Piceno e Viterbo), e sono ben rappresentati anche in Toscana (in più della metà delle città). Nel Mezzogiorno risultano attivati in un quinto dei capoluoghi (Napoli, Andria, Barletta, Potenza, Palermo, Siracusa, Nuoro, Oristano e Cagliari).
In città come Milano, oltre al fatto, spesso dimenticato o ignorato, che si tratta pur sempre del secondo comune agricolo d’Italia con circa 130 aziende ed oltre 3.500 ettari di aree agricole in gran parte incluse nel Parco Sud, si va consolidando ed estendo la pratica degli orti urbani realizzati in parte su terreni demaniali (in concessione e a rotazione) e in parte su aree private attigue alle cascine o a complessi residenziali. Con i progetti Coltivami e Giardini condivisi, tra il 2012 e il 2015 Milano ha sottratto al degrado e reso godibile a tutti circa 40mila mq di aree urbane: con la delibera di marzo 2015, in aggiornamento a quella del 2012, il Comune ha messo a disposizione ulteriori risorse e strumenti e si è fatto carico di pulire e preparare le aree a proprie spese. Un aiuto economico importante per piccole realtà del territorio. E, proprio in questi giorni, Bosco in Città, grande area verde attrezzata gestita da Italia Nostra, unitamente al Comune promuove un bando per l’assegnazione di orti urbani familiari: la domanda si può presentare fino al 30 agosto 2016 (http://www.cfu.it/).
Il ruolo delle associazioni
Intanto, a fine maggio, Italia Nostra ha rinnovato l’accordo con ANCI (Associazione nazionale comuni d’Italia) per la promozione dell’agricoltura, delle tipicità e degli orti urbani. Si tratta di 500mila mq di superficie (oltre 40 soggetti aderenti, soprattutto comuni, ma anche privati e altri enti pubblici) utilizzati per orti sociali, terapeutici, didattici e storici che hanno un unico filo conduttore: favorire la conoscenza e la diffusione della cultura degli orti urbani su tutto il territorio italiano, quale realtà sociale, urbanistica e storica di primo livello, e per sottrarre ad eventuali situazioni di marginalità e degrado le tante aree abbandonate dei Comuni. Dalle Città metropolitane di Roma, Milano, Torino, Firenze e Genova, alle ‘medie’ Ferrara, Padova e Perugia, passando per piccoli borghi medioevali come Spello, Foligno o Cerreto di Spoleto. Realtà demografiche diverse, ma tutte parte attiva di un progetto nato nel 2008 e che oggi ha trovato nuovo impulso. In sostanza, pur nelle differenti tipologie demografiche, geomorfologiche e sociali dei luoghi, l’obiettivo è definire una modalità comune in tutta Italia ovvero come “impiantare” o conservare un orto, in una visione di parco “culturale”, per recuperare specie in via di estinzione o coltivare prodotti di uso comune o ancora recuperare le tante aree dei nostri Comuni spesso vittime di degrado e abbandono.
In occasione del rinnovo, il delegato ANCI, Nicola Chionetti, ha dichiarato: “Siamo contenti di poter continuare a contribuire a questa iniziativa, vogliamo dare un concreto consolidamento alla realtà degli orti urbani affinché progetti validi come questo non si disperdano. Come ANCI siamo intenzionati ad esplorare altre possibilità di interventi sostanziali, facendoci portavoce e tramite presso il ministero dell’Agricoltura dell’importanza del tema. L’elevato aspetto educativo e culturale degli orti urbani è evidente e il nostro impegno sarà anche quello di dare indicazioni precise alle amministrazioni, al fine di andare, in modo convinto, verso una migliore educazione alla stagionalità dei prodotti, del mangiare sano e della tracciabilità di cosa c’è nelle nostre tavole, cosa sempre più rara soprattutto nelle grandi realtà urbane”.
Da parte sua il presidente di Italia Nostra, Marco Parini, ha ricordato come questo “può rappresentare anche una concreta possibilità di lavoro e di aiuto per famiglie in difficoltà: diamo la piena disponibilità a continuare nell’assistenza ai Comuni che sempre in numero maggiore ci chiedono il formulario per predisporre i bandi per l’assegnazione delle aree. Insieme e con l’impegno di tutti potremo dare davvero un contributo importante al recupero delle aree comunali degradate e un nuovo impulso al rilancio di una sana educazione ambientale, agricola e culturale”.
Pubblico o privato, non importa. Purché si riesca a favorire e diffondere la cultura del verde e dell’agricoltura tra i cittadini, nelle città come nelle aree periferiche: una maniera per limitare il consumo di territorio, specie agricolo, riqualificare aree degradate, valorizzare le produzioni ortive e migliorare la qualità dell’ambiente.
3 giugno 2016
L’immagine è tratta da architetturaecosostenibile.it