Dai terreni alle aziende,
così la l’agromafia
si infiltra in Lombardia
La mafia sta sabotando la nostra alimentazione? Di certo, l’appetito delle mafie italiane nel settore agroalimentare è in crescita: il suo business ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015, mentre nel 2013 era di 14 miliardi. A descrivere il fenomeno è l’ultimo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Terreni, cascine, aziende agricole, immobili vari sono gli obiettivi delle infiltrazioni mafiose in Lombardia nel settore agricolo: su 1.266 immobili sottratti alla criminalità organizzata in Lombardia (è di 17.577 il totale in Italia), oltre 300 riguardano beni agricoli con un peso di quasi l’1,6% a livello nazionale. Nell’ultimo anno la Lombardia è stata la prima regione del Nord Italia per proprietà sequestrate alla criminalità organizzata e la quinta a livello nazionale dopo Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Ma i beni sottratti alla mafia rimangono per anni inutilizzati. Secondo Libera…
Dai terreni alle aziende,
così la l’agromafia
si infiltra in Lombardia
La mafia sta sabotando la nostra alimentazione? Di certo, l’appetito delle mafie italiane nel settore agroalimentare è in crescita: il suo business ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015, mentre nel 2013 era di 14 miliardi. A descrivere il fenomeno è l’ultimo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Terreni, cascine, aziende agricole, immobili vari sono gli obiettivi delle infiltrazioni mafiose in Lombardia nel settore agricolo: su 1.266 immobili sottratti alla criminalità organizzata in Lombardia (è di 17.577 il totale in Italia), oltre 300 riguardano beni agricoli con un peso di quasi l’1,6% a livello nazionale. Nell’ultimo anno la Lombardia è stata la prima regione del Nord Italia per proprietà sequestrate alla criminalità organizzata e la quinta a livello nazionale dopo Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Ma i beni sottratti alla mafia rimangono per anni inutilizzati.
Se si guarda il numero di immobili sottratti alla mafia, la Lombardia è sesta a livello italiano dopo Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Lazio. Mentre per le 286 aziende sequestrate dall’autorità giudiziaria in Lombardia (su 3.187 in Italia) quelle che fanno riferimento al settore agricolo sono una cinquantina. In totale sono circa 300 -stima la Coldiretti Lombardia- i beni e le attività agricole sottratti alla criminalità mafiosa, per un valore di oltre 24 milioni di euro.
Numeri impressionanti
“Il dato che fa ben sperare -come dichiarato da Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia- è che tutte le nostre province sono sotto la media nazionale per quanto riguarda l’Indice di Organizzazione criminale dell’Eurispes, pari al 29,1% a livello italiano, mentre Milano per esempio è al 17,9%, Brescia al 14,9%, Pavia all’11% o Lodi all’8,6%”. A seguire: Sondrio è al 13,8%, Varese al 12,9%, Cremona al 10,3%, Mantova al 9,4, Bergamo al 5,9%, Monza allo 0,1%.
È chiaro -ha aggiunto Prandini- che non si può abbassare la guardia perché è con le indagini e il controllo delle forze di polizia che emergono le situazioni malavitose contro le quali si deve intervenire: bisogna rafforzare i controlli per evitare che questi fenomeni si espandano anche nel settore agricolo andando a inquinare l’economia onesta e la libera concorrenza: sono infatti oltre centomila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2015 per combattere le agromafie dal campo allo scaffale e garantire all’Italia il primato nella qualità e nella sicurezza alimentare”.
Altro dato rilevante è che vengono sprecati tra 20 ed i 25 miliardi di euro per il mancato utilizzo dei beni confiscati (stime dall’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari), di cui un quinto nell’agroalimentare. Il 53,5% si concentra in Sicilia, mentre la restante parte riguarda soprattutto le altre regioni a forte connotazione mafiosa, quali la Calabria (17,6%), la Puglia (9,5%) e la Campania (8%). Seguono con percentuali più contenute la Sardegna (2,3%), la Lombardia (1,6%), la Basilicata (1,5%) e il Piemonte (1,3%).
Come si muovono le mafie
I clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.
Libera, “Come riutilizzare i beni confiscati alle mafie”
“Il riutilizzo a fini sociali dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata -è opinione di Libera contro le Mafie della Lombardia- rappresenta un’occasione concreta di crescita virtuosa e positiva del territorio e può essere volano per lo sviluppo economico locale, nonché risposta alle esigenze sociali e alle nuove povertà che il territorio presenta”.
I beni immobili confiscati in Lombardia secondo gli ultimi aggiornamenti sono oltre 1.000 (dati 2014 n.d.r.); considerando i beni oggi arrivati a confisca definitiva, ma non ancora presenti nella banca dati e i beni al momento posti sotto sequestro alla criminalità organizzata è stimabile che tale cifra raddoppi. A tali volumi inoltre andrà ad aggiungersi il patrimonio attualmente sotto sequestro per reati di corruzione e evasione fiscale (ad oggi solo il Tribunale di Milano ha 1.500 beni che rientrano in quest’ultima casistica).
Si tratta di un patrimonio enorme che rappresenta una grandissima opportunità per mettere insieme la lotta alla criminalità e quella per la giustizia sociale e la dignità umana, oggi attaccata dalla crisi che morde le vite di milioni di cittadini. Non è solamente una questione simbolica quella di riportare nella disponibilità pubblica il “mal tolto” dalle mafie; l’utilizzo sociale dei beni confiscati ci consente di liberare “nuovo welfare”, di sostenere percorsi concreti di uscita dalla marginalità e dall’esclusione sociale ed in alcuni casi persino di creare veri e propri posti di lavoro. Sono quindi uno strumento concreto contro la crisi che attraversa il nostro Paese.
27 febbraio 2016