Respiriamo l’irrespirabile
il record all’Italia con 84.400 morti
su un totale di 491mila in Europa
In Europa, il nostro paese vanta il triste primato delle morti premature dovute ad inquinamento (Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014 redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dati relativo al 2012): 84.400 decessi su un totale di 491mila a livello Ue. Sono tre gli elementi sotto accusa per questo triste primato: le micro polveri sottili (Pm2.5, originate da gas di scarico di veicoli a diesel o a benzina, processi industriali, produzione energia elettrica, riscaldamento domestico), il biossido d’azoto (NO2, derivate da centrali termoelettriche, impianti di riscaldamento, traffico) e l’ozono quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3, inquinante secondario prodotto per effetto delle radiazioni solari in presenza di inquinanti primari (prodotti del traffico automobilistico, dai processi di combustione, dai solventi delle vernici, dall’evaporazione di carburanti, etc), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia.
Anche le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea evidenziano che l’inquinamento atmosferico in Europa…
Respiriamo l’irrespirabile
il record all’Italia con 84.400 morti
su un totale di 491mila in Europa
In Europa, il nostro paese vanta il triste primato delle morti premature dovute ad inquinamento (Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014 redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, dati relativo al 2012): 84.400 decessi su un totale di 491mila a livello Ue. Sono tre gli elementi sotto accusa per questo triste primato: le micro polveri sottili (Pm2.5, originate da gas di scarico di veicoli a diesel o a benzina, processi industriali, produzione energia elettrica, riscaldamento domestico), il biossido d’azoto (NO2, derivate da centrali termoelettriche, impianti di riscaldamento, traffico) e l’ozono quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3, inquinante secondario prodotto per effetto delle radiazioni solari in presenza di inquinanti primari (prodotti del traffico automobilistico, dai processi di combustione, dai solventi delle vernici, dall’evaporazione di carburanti, etc), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia.
Anche le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea evidenziano che l’inquinamento atmosferico in Europa evidenziano che l’inquinamento atmosferico in Europa ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno. Ad ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1.
Il rapporto Mal’aria 2015 di Legambiente
E non conforta certamente l’ultimo rapporto sull’aria che respiriamo, stilato da Legambiente: la situazione, come segnala il rapporto Mal’aria 2015, è maggiormente critica nell’area padana e in grandi città del Centro Sud. Tra le principali fonti inquinanti nelle città vi è il trasporto su strada. Dal monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio” infatti, nel 2014 sono risultati ben 33 su 88 i capoluoghi (il 37% di quelli monitorati) in cui almeno una centralina di monitoraggio urbana ha superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il PM10. Al primo posto Frosinone con 110 giorni di superamento, seguito da Alessandria (86) e al terzo posto a pari merito Torino, Vicenza e Benevento (77). Per gli altri inquinanti il bilancio è relativo al 2013, ultimo anno per cui è stato possibile reperire i dati a livello nazionale: sono 11 su 63 (il 21%) le città in cui sono stati superati i limiti previsti per il PM2,5 (26mg/mc come media annuale); situazione critica anche per il biossido di azoto dove il 18% (15 capoluoghi) sono risultati fuori dal limite medio annuo e decisamente più critica la situazione relativa all’ozono troposferico (O3) in cui il 59% delle città monitorate (50 su 86) ha superato i 25 giorni previsti dalla legge. Anche se si registra un miglioramento dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città e una riduzione nelle emissioni di alcuni inquinanti negli ultimi anni, i livelli di esposizione dei cittadini rimangono elevati e spesso ancora ben oltre le soglie consentite dalla normativa. La cattiva qualità dell’aria nelle aree urbane inoltre è alla base di una procedura d’infrazione relativa alla mancata applicazione della direttiva 2008/50/CE aperta nel luglio 2014. Eppure l’Italia era stata già stata condannata tre anni fa relativamente ai superamenti di PM10 per il periodo 2006-2007 in 55 diverse zone ed agglomerati italiani. Nonostante ciò, 13 delle 55 aree già condannate hanno continuato a superare costantemente i limiti per il PM10 anche nel periodo 2008-2012 e si ritrovano di nuovo sotto indagine insieme ad altre 6 nuove zone.
Eppure l’Italia non corre ai ripari
“È quanto mai evidente la necessità di un urgente e decisivo piano di intervento che vada finalmente ad incidere sulle politiche relative alle fonti di inquinamento -ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti-, più volte annunciato ma ancora mai attivato a livello nazionale. Le cause si conoscono e le soluzioni ci sono, occorrono la volontà politica e gli strumenti per metterle in campo. Per ridurre le emissioni industriali occorre avviare la rapida approvazione delle Autorizzazione Integrate Ambientali per gli impianti nuovi ed esistenti e promuovere l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili per ridurne gli impatti. Bisogna poi uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili puntando su fonti energetiche rinnovabili; investire nella riqualificazione energetica degli edifici per ridurne i consumi e migliorarne l’efficienza e l’isolamento termico, garantendo così una riduzione nelle emissioni dagli impianti di riscaldamento domestici e affrontare uno dei nodi principali: il trasporto a livello urbano ed extra urbano. Oggi l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante, 65 ogni 100 contro una media europea di 48 circa, con un tasso di motorizzazione addirittura in crescita negli ultimi anni, e il trasporto privato continua ad essere la modalità più diffusa per muoversi verso le città e al loro interno. Solo invertendo questa tendenza e garantendo un trasporto pubblico efficace e competitivo si possono restituire ai cittadini una migliore qualità dell’aria e della vita”.
L’Europa lentamente si muove
A livello europeo, lo scorso fine ottobre, l’Europarlamento ha approvato limiti più stringenti per la qualità dell’aria. Pur se l’iter sarà lungo, gli obiettivi sono coerenti con quelli di Europa 2020 relativi ad una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile e li rafforzano. Essi dovrebbero stimolare l’innovazione, il che contribuirà a sostenere una crescita “verde” e a mantenere la competitività dell’economia europea, agevolando nello stesso tempo la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, tutelando il capitale naturale dell’Europa e sfruttando il ruolo guida dell’Europa nello sviluppo delle nuove tecnologie verdi.
Ma l’Italia, che guida la mesta classifica delle morti per inquinamento, continua imperterrita a perseguire politiche di vecchio stampo: solo per fare un esempio, ha scelto di puntare su energie da fonti fossili (vedi le varie trivellazioni per terra e mare) e non di investire in quelle rinnovabili. E nella regione Lombardia, dove sono concentrati i decessi per l’inquinamento atmosferico, si continua a puntare sul trasporto su gomma, anziché sviluppare la mobilità su ferro.
Intanto, a Parigi, i big del Pianeta discutono del futuro dell’umanità. Uscirà qualcosa di buono o continueranno a mettere privilegiare il business di chi sta distruggendo la nostra Terra?