Gli oleodotti di Eni
bomba ecologica senza controllo?
Se lo chiede anche Forza Italia
Nel dicembre 2014, centinaia di litri di carburante sono fuoriuscite da un foro praticato nell’oleodotto Livorno-Calenzano dell’Eni e si sono disperse nel terreno di Gello a Pontedera (Pisa) e Latignano, nel Cascinese. Ancora a novembre nei pressi di Maccarese e Palidoro (Fiumicino) a causa dello sversamento di cherosene dall’oleodotto Eni che va da Civitavecchia a Palidoro circa 30 tonnellate di cherosene si sono riversate nell’area. E poi altre decine di episodi, anche nel Parco Sud…. alla luce di tutti questi fatti (e ne abbiamo citati solo alcuni tra i più recenti) viene spontaneo domandarsi chi dovrebbe verificare che ciò non avvenga e, nel caso succedesse, far pagare la bonifica a chi non ha messo in atto tutti i sistemi di controllo con un aggiornamento delle tecnologie, ovvero con un sistema di monitoraggio che evidenzi le perdite, spesso catastrofiche per l’ambiente. Anche il deputato di Forza Italia, Remigio Ceroni si è posto la medesima domanda. Tanto nell’ottobre dello scorso anno, in una interrogazione parlamentare presentata alla Camera ha dichiarato che secondo le informazioni in suo possesso «risulterebbe che ENI SpA stia utilizzando gli oleodotti del Nord-Ovest (facenti capo al nodo della raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi, Pavia) …
Gli oleodotti di Eni
bomba ecologica senza controllo?
Se lo chiede anche Forza Italia
Nel dicembre 2014, centinaia di litri di carburante sono fuoriuscite da un foro praticato nell’oleodotto Livorno-Calenzano dell’Eni e si sono disperse nel terreno di Gello a Pontedera (Pisa) e Latignano, nel Cascinese. Ancora a novembre nei pressi di Maccarese e Palidoro (Fiumicino) a causa dello sversamento di cherosene dall’oleodotto Eni che va da Civitavecchia a Palidoro circa 30 tonnellate di cherosene si sono riversate nell’area.
Più vicino a noi, nei pressi di Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia) -dove già dagli anni Sessanta è attiva un’enorme raffineria Eni con impianti atti alla lavorazione di circa 10milioni di tonnellate/anno di idrocarburi e da cui si dipartono oleodotti- lo scorso aprile sono stati rubati migliaia di litri di gasolio. A maggio, sempre nella zona della raffineria Eni, si sono verificati altri furti tre che, fortunatamente, non hanno provocato danni ambientali.
Nel Parco Sud, un caso di inquinamento per tentato furto di carburante si è verificato nel 2013, a Lacchiarella: i ladri avevano provocato lo sversamento di centinaia di litri di gasolio dall’oleodotto della Sigemi. La bonifica costò alla Regione circa un milione e mezzo di euro.
In questi giorni, come noto, nel Parco si sono verificati due gravi episodi -a Cusago e a Calvignasco (foto Studio Sally)- di tentativi di effrazione dell’oleodotto Eni, che arriva fino a Rho, provocando limitati danni ambientali, come ci ha confermato verbalmente la Polizia Provinciale.
Ma, alla luce di tutti questi fatti (e ne abbiamo citati solo alcuni tra i più recenti) viene spontaneo domandarsi chi dovrebbe verificare che ciò non avvenga e, nel caso succedesse, far pagare la bonifica a chi non ha messo in atto tutti i sistemi di controllo con un aggiornamento delle tecnologie, ovvero con un sistema di monitoraggio che evidenzi le perdite, spesso catastrofiche per l’ambiente.
Attendiamo risposte
Anche il deputato di Forza Italia, Remigio Ceroni -come si legge nel sito politica.diariodelweb.it si è posto il problema. Tanto nell’ottobre dello scorso anno, in una interrogazione parlamentare presentata alla Camera ha dichiarato che secondo le informazioni in suo possesso «risulterebbe che ENI SpA stia utilizzando gli oleodotti del Nord-Ovest (facenti capo al nodo della raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi, Pavia) ed altri oleodotti del Centro Italia senza proteggerli attraverso un sistema di monitoraggio in grado di evidenziare rapidamente perdite che sarebbero catastrofiche per l’ambiente, data la tipologia altamente inquinante dei prodotti trasportati».
I Paesi del nord Europa, ha ricordato Remigio Ceroni, hanno saputo coniugare un notevole sviluppo industriale, economico e sociale con un’attenzione fortissima verso i temi della sicurezza e della salvaguardia dell’ambiente. Inoltre la «società ENI SpA ha investito, negli ultimi 5 anni, circa 2 milioni di euro per l’acquisto dei sistemi di monitoraggio e controllo delle perdite lungo la sua rete di oleodotti, ma ne ha fatti attivare solo alcuni, apparentemente rinunciando all’utilizzo di quanto acquistato ed installato». La stranezza, afferma Ceroni, è che tali sistemi di monitoraggio sono inoltre tutti forniti da una stessa società italiana il cui prodotto consolidato è presente in numerose installazioni anche all’estero.
L’interrogante si rivolge quindi ai ministri competenti per sapere se «siano a conoscenza della situazione descritta; se risulti per quali ragioni gli oleodotti vengano utilizzati senza che sia operativo un sistema consolidato di monitoraggio delle perdite; se siano noti i motivi per cui è stato compiuto un ingente investimento per l’acquisto di sistemi di monitoraggio e controllo delle perdite sulla rete di oleodotti e non è stato messo a regime; se risulti come mai, nel caso in cui ENI SpA stesse sperimentando tecnologie differenti da quella sopra riportata, non operi con quanto ha già a propria disposizione; quali siano i criteri che hanno portato all’utilizzo dei sistemi citati soltanto in alcuni oleodotti della rete».
Abbiamo tentato di contattare il deputato Ceroni, ma in agosto è dura avere risposte. Vi aggiorneremo, appena lo saremo anche noi, su come i ministri dell’ambiente e dell’economia hanno giustificato o meno il comportamento di Eni.