Settis, “nello Sblocca Italia
non nuove regole, ma totale deregulation
in violazione della Costituzione”

In questi giorni circola in internet un istant book gratuito, “Rottama Italia”, firmato da 16 autorevoli personalità che smontano, pezzo per pezzo, il decreto Sblocca-Italia. Abbiamo scelto di presentare quanto scritto da Salvatore Settis, studioso di fama internazionale, storico dell’arte e importante voce critica del nostro tempo. Ma per stuzzicare un po’ la vostra curiosità, mettiamo in premessa il breve dialogo dell’intervista a Settis proposta dal programma Piazza Pulita (La7), ieri 13 ottobre.
La giornalista de La7 precisa che Renzi metterà a disposizione 2 miliardi per il comune di Genova.
Settis “Interessante, continuano a trovare dei miliardi che poi spariscono e intanto devono fare tagli per 23 miliardi di spese”. Lo sblocca Italia prevede che si possano iniziare i lavori anche se ci sono contenziosi aperti, ricorda a Settis la giornalista. “Lo Sbocca Italia ha delle procedure molto singolari, per esempio, per quello che riguarda le nuove tratte ferroviarie che si dovessero fare, prevede un fatto assolutamente illegale, anzi anticostituzionale, e cioè che il presidente delle ferrovie viene nominato commissario straordinario e, nel caso che sia qualche contenzioso di tipo paesaggistica, poniamo per assurdo che debba passare per il centro di Firenze e abbattere il Duomo e la Soprintendenza per caso protesta, chi decide è il commissario. Il governo Renzi ha dichiarato guerra alle Sovrintendenze: ora tutto questo è illegittimo, va contro la Costituzione e contro la legge. Sul fatto che tutto debba essere deciso dal presidente del consiglio c’è già un precedente: è durato dal 1922 al 1943. E con questo non voglio assolutamente paragonare Renzi…

Settis, “nello Sblocca Italia
non nuove regole, ma totale deregulation
in violazione della Costituzione”

In questi giorni circola in internet un istant book gratuito, “Rottama Italia”, firmato da 16 autorevoli personalità che smontano, pezzo per pezzo, il decreto Sblocca-Italia. Abbiamo scelto di presentare quanto scritto da Salvatore Settis, studioso di fama internazionale, storico dell’arte e importante voce critica del nostro tempo. Ma per stuzzicare un po’ la vostra curiosità, mettiamo in premessa il breve dialogo dell’intervista a Settis proposta dal programma Piazza Pulita (La7), ieri 13 ottobre.
La giornalista de La7 precisa che Renzi metterà a disposizione 2 miliardi per il comune di Genova. Settis “Interessante, continuano a trovare dei miliardi che poi spariscono e intanto devono fare tagli per 23 miliardi di spese”. Lo sblocca Italia prevede che si possano iniziare i lavori anche se ci sono contenziosi aperti, ricorda a Settis la giornalista. “Lo Sbocca Italia ha delle procedure molto singolari, per esempio, per quello che riguarda le nuove tratte ferroviarie che si dovessero fare, prevede un fatto assolutamente illegale, anzi anticostituzionale, e cioè che il presidente delle ferrovie viene nominato commissario straordinario e, nel caso che sia qualche contenzioso di tipo paesaggistica, poniamo per assurdo che debba passare per il centro di Firenze e abbattere il Duomo e la Soprintendenza per caso protesta, chi decide è il commissario. Il governo Renzi ha dichiarato guerra alle Sovrintendenze: ora tutto questo è illegittimo, va contro la Costituzione e contro la legge. Sul fatto che tutto debba essere deciso dal presidente del consiglio c’è già un precedente: è durato dal 1922 al 1943. E con questo non voglio assolutamente paragonare Renzi a Mussolini. Dico solo che qui si ricorre al tema dell’urgenza per far passare sotto questo aspetto delle violazioni gravi dei principi della Costituzione e della legalità che poi diventerebbero la regola. In realtà, quello che lo sblocca Italia propone non è quello di nuove regole, ma una totale deregulation, cioè una totale assenza di regole per cui ognuno fa quello che vuole. È il principio di Berlusconi: padroni in casa propria!”

Ma l’Italia è dei cittadini. Il silenzio – assenso annulla ogni possibilità di salvaguardia

Di seguito il testo di Settis sull’istant book Rottama Italia. “L’assoluta prevalenza del pubblico interesse su quello dei privati cittadini, sancita dalla Costituzione, rende chiaro dunque come mai l’eventuale conflitto fra il desiderio del cittadino di ottenere una risposta positiva alle proprie istanze (per esempio, alla richiesta di un permesso di fabbricazione) e il ritardo nella risposta della pubblica amministrazione non possa mai essere risolto mediante il silenzio-assenso. La funzione nazionale del patrimonio culturale evidenziata dalla Costituzione risponde al “modello Italia” della tutela, secondo cui il territorio nazionale è un inseparabile continuum che include paesaggi, monumenti, città, musei, edifici, quadri, manoscritti, archivi… Questo patrimonio nazionale appartiene alla comunità dei cittadini a titolo di sovranità, proprio come lo stesso territorio dello Stato: per salvaguardarlo degnamente si richiedono dunque speciali garanzie, ed è impensabile che su una materia tanto delicata l’eventuale silenzio o inerzia delle pubbliche amministrazioni possano mai sostituire l’attivo esercizio della tutela. Lo ha espressamente affermato la Corte Costituzionale, tornando ripetutamente sul tema in almeno cinque sentenze: in materia di beni culturali e di paesaggio “il silenzio dell’Amministrazione preposta non può avere valore di assenso” (sentenze numero 26/1996 e 404 del 1997, poi ulteriormente richiamate e ribadite).
Il tentativo di violare la Costituzione estendendo il silenzio-assenso alla materia dei beni culturali e del paesaggio ha una lunga storia. Con riferimento al meccanismo delle possibili alienazioni di beni culturali per le cartolarizzazioni “alla Tremonti”, ci provò nell’ottobre 2003 in fase di redazione del Codice dei Beni Culturali un emendamento presentato dal senatore Tarolli (Udc), ma allora, pur con un governo Berlusconi, il ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani giudicò quell’idea “controproducente e goffa, un autentico autogoal per la maggioranza”, e riuscì a farla cadere. Invano, perché il silenzio-assenso si reinsediò nel Codice nel Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2004 (articolo 12, comma 10). Era una vittoria per Tremonti, ma durò poco, perché dopo grandi proteste della Sinistra e dell’opinione pubblica quel comma fu cassato da un altro governo Berlusconi (ministro Buttiglione) con un decreto legislativo di fine legislatura (156/2006).
Nasceva però intanto un’altra applicazione del silenzio-assenso, stavolta in beneficio di chi voglia edificare presentando una Dia (“dichiarazione di inizio attività”), e cioè un’autocertificazione che sostituisce il nullaosta amministrativo. Come si è visto, la legge 537/1993, in ossequio alla Costituzione, escludeva espressamente i beni culturali dall’ambito di applicazione, ma nel febbraio 2005 il ministro della Funzione pubblica del governo Berlusconi, Mario Baccini, contrabbandando il provvedimento come “semplificazione della regolamentazione”, provò a sopprimere l’eccezione: in tal modo, l’intero sistema della tutela non sarebbe stato governato né dalla Costituzione né dalle apposite leggi, bensì da autocertificazioni e dal silenzio-assenso. Anche allora, grande mobilitazione della Sinistra, delle associazioni, dell’opinione pubblica contro quella proposta. E anche allora il governo dovette fare marcia indietro e la legge 80/2005 escluse dal silenzio-assenso “gli atti e i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente”, oltre a quelli sulla sicurezza nazionale, la difesa, la sanità.
Ma i mostri sono duri a morire: cambia il governo e il colore politico, ed ecco che nel 2006, nel pieno del II governo Prodi, un altro ministro della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, ripresenta tal quale il disegno di legge Baccini: per l’uno e per l’altro, “silenzio-assenso” vuol dire che se la risposta all’autocertificazione di un costruttore non giunge “entro il termine perentorio di 90 giorni dal ricevimento della richiesta”, la richiesta si intende accolta. Anche se comporta la distruzione irreversibile di un’area archeologica o di un paesaggio, lo sventramento di un palazzo barocco, la riconversione di una chiesa medievale in discoteca, l’edificazione di un condominio su una spiaggia protetta. Ma ancora una volta la mobilitazione dell’opinione pubblica indusse il governo a ritirare la norma nefasta.
Con questi precedenti (e non sono nemmeno tutti), che cosa fa il cosiddetto Sblocca-Italia? Rimette in circolo il silenzio-assenso in un contesto ben più aggressivo, quello delineato da Maurizio Lupi (berlusconiano doc ora truccato da Nuovo Centrodestra e approdato al Ministero delle Infrastrutture) per un governo del territorio inteso come “rovesciamento dell’urbanistica, trasferimento di poteri dal pubblico al privato, ingresso formale della rendita immobiliare al tavolo dove si decide, rendendo permanenti le regole della distruzione del Paese avviate con i condoni” (Edoardo Salzano).

Il trionfo dei diritti edificatori generati dalla perequazione

L’articolo 6 dello Sblocca-Italia cancella del tutto l’autorizzazione paesaggistica prescritta dal Codice dei Beni Culturali per ogni posa di cavi (sottoterra o aerei) per telecomunicazioni. L’articolo 25 “semplifica”, cioè di fatto rimuove, ogni autorizzazione per “interventi minori privi di rilevanza paesaggistica”, governati ormai dal silenzio-assenso. L’articolo 17, poi, è un inno alla “semplificazione edilizia”, di stampo paleo-berlusconiano: scompare la “denuncia di inizio attività”, sostituita da una “dichiarazione certificata”, di fatto un’autocertificazione insindacabile; e si inventa un “permesso di costruire convenzionato”, vera e propria “licenza di uccidere” che affida al negoziato fra costruttore e Comune l’intero processo, dalla cessione di aree di proprietà pubblica alle opere di urbanizzazione, peraltro eseguibili per “stralci”, cioè di fatto opzionali.
È il trionfo dei “diritti edificatori generati dalla perequazione urbanistica” ( n.d.r. dietro il termine di perequazione si cela una esecrabile pratica urbanistica che introduce la possibilità di assegnare a privati possessori di aree verdi non edificabili  crediti edilizi da spendere in aree “cementificabili”, cedendo gratuitamente i loro terreni che saranno utilizzati per servizi di interesse pubblico) e delle “quote di edificabilità” commerciabili, che Lupi persegue da anni. Ma lo Sblocca-Italia non si ferma qui, e introduce un meccanismo ancor più radicale, sperimentandolo (per cominciare) con la costruzione di nuove linee ferroviarie: l’Amministratore delegato delle Ferrovie è Commissario straordinario unico, e ogni eventuale dissenso di una Soprintendenza può essere espresso solo aggiungendo “specifiche indicazioni necessarie ai fini dell’assenso”: si afferma così implicitamente che qualsiasi progetto, pur con qualche aggiustamento, deve sempre e comunque passare. E, qualora un Soprintendente particolarmente ostinato dovesse insistere, non tacendo ma anzi esprimendo a tutte lettere il proprio “motivato dissenso per ragioni di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o della tutela della salute e della pubblica incolumità”, la decisione finale è rimessa all’arbitrio inappellabile dello stesso Commissario (articolo 1). Una sorta di “dissenso-assenso”, insomma, che vanifica il dettato costituzionale, le sentenze della Consulta e lo spirito delle leggi.
A quel che pare, dunque, sarà un governo nominalmente di Centro-sinistra a celebrare, dopo vari tentativi andati a vuoto, il trionfo del silenzio-assenso, trasformandolo da tutela del cittadino contro l’inerzia della pubblica amministrazione in un trucco che cestina un principio fondamentale della Costituzione. C’è ancora tempo per evitare il baratro: ma intanto le eccezioni di incostituzionalità sollevate da alcuni parlamentari (Atti Camera, nr. 2629) sono state respinte dalla maggioranza di governo.
Dobbiamo perdonare loro perché non sanno quello che fanno, o sperare che si ravvedano”?

 

Settis, “nello Sblocca Italia non nuove regole, ma totale deregulation in violazione della Costituzione”

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