In fumo altri 440mila mq di verde
nell’alto milanese
fermiamo i nuovi centri commerciali
Con l’arrivo della città metropolitana ci sentiamo autorizzati a segnalare anche i progetti di distruzione di territori agricoli extra Parco Sud. Come per esempio i tre insediamenti previsti nell’alto milanese, nei pressi di Legnano, che andranno a consumare suolo e devastare il paesaggio di un area totale di circa 440.000 metri quadri. Per opporsi si può firmare la petizione lanciata da Salviamo il Paesaggio, che chiede alla Regione di bloccare questi insediamenti.
In fumo altri 440mila mq di verde
nell’alto milanese
fermiamo i nuovi centri commerciali
Con l’arrivo della città metropolitana ci sentiamo autorizzati a segnalare anche i progetti di distruzione di territori agricoli extra Parco Sud. Come per esempio i tre insediamenti previsti nell’alto milanese, nei pressi di Legnano, che andranno a consumare suolo e devastare il paesaggio di un area totale di circa 440.000 metri quadri. Per opporsi si può firmare la petizione lanciata da Salviamo il Paesaggio, che chiede alla Regione di bloccare questi insediamenti.
I progetti Ikea, Leroy Merlin, ex Cromos
Area Totale 400.000 metri quadri circa. Insediamento delle due grandi strutture di vendita delle multinazionali Ikea e Leroy Merlin e di una nuova galleria commerciale nei comuni di Cerro Maggiore e Rescaldina.
Area Totale di circa 40.000 metri quadri. Insediamento di un nuovo centro commerciale frazionato, sull’area dove ora c’è l’edificio della ex tintoria Cromos.
Cosa comporterebbe a livello ambientale e sulla salute e qualità della vita dei cittadini, l’insediamento di questi tre nuovi centri commerciali:
– la perdita definitiva di circa 400.000 metri quadri di suolo agricolo fertile attualmente coltivato;
– che la viabilità registrerà impatti negativi, perché il nostro territorio è già più che congestionato dal traffico veicolare;
– l’incremento altissimo di inquinanti derivanti dall’aumento di traffico veicolare di auto e Tir;
– un impatto occupazionale negativo sui posti di lavoro, con ripercussioni notevoli sul piccolo commercio, sui negozi di vicinato e sui nostri centri cittadini;
– la sostituzione di posti di lavoro a tempo indeterminato con lavoro precario.
Uno sguardo al consumo di suolo
Il confronto tra crescita demografica del nostro paese con l’espansione urbanistica evidenzia una certa sproporzione. Dal 1951 al 2011 la popolazione è passata da 48 milioni a circa 60 milioni. In pratica “solo” 12 milioni in più. Per contro, la cementificazione del territorio è esplosa a dismisura, portandosi via mgliaia di ettari di verde e modificando irreversibilmente il paesaggio, con grande perdite per la produzione agricola e con gravissime conseguenze per il dissesto idrogeologico. Tutto questo è stato spinto in particolare dalle imprese edilizie, che hanno incrementato alla grande i loro introiti, anche se la crisi, ma anche l’inutilità, hanno bloccato la vendita di migliaia di appartamenti. E il consumo di suolo, contando la sola Italia (pur se questa tendenza è assolutamente mondiale), continua al ritmo incessante di 8 mq al secondo: il territorio è ormai un oggetto di consumo per le imprese edilizie e per i politici amanti delle grandi opere. “Si può scorgere in questi interventi un tacito ‘patto di tolleranza’ o di ‘reciproca convenienza’ fra governanti e governati basato sul prevalere degli interesse degli uni e degli altri sul bene comune. Sull’uso dissennato del territorio per mantenere il consenso e per consolidare gli interessi fondiari, di potere o altro. Insomma, il territorio utilizzato come preziosa merce di scambio” è il pensiero dell’urbanista Georg Josef Frisch.
Spazi e funzioni urbane senza qualità architettonica, connessi in rete con altri analoghi nodi; contenitori localizzati in ogni direzione lungo le strade, ma senza rapporto con esse se non di tipo funzionale e simbolico; un pulviscolo di grandi e piccoli manufatti che, nell’insieme, denotano spazi socialmente, economicamente e spazialmente ai margini (distributori, ipermercati e outlet, edilizia sociale e lottizzazioni piccolo-borghesi, attrezzature di eccellenza e impianti produttivi), hanno portato a una dispersione abitativa.
Fermare lo sprawl, città metropolitana o città diffusa?
“Nella letteratura urbanistica, questa dispersione insediativa è descritta con un termine inglese: sprawl. Tradotto letteralmente, questo termine significa stravaccato, spaparanzato. In effetti, il problema non è soltanto la crescita delle città in termini di territorio urbanizzato, ma anche la qualità della crescita stessa che avviene proiettando alla rinfusa nuovi contenitori e nuove funzioni urbane nel territorio agricolo circostante gli insediamenti, così producendo, utilizzando le parole di Charles Dickens “… quella terra di nessuno che pur non essendo né città, né campagna mostra il peggiore dell’una e dell’altra”. La frase dello scrittore inglese è del 1848, ma sembra assolutamente attuale -aggiunge Josef Frisch-. Si rende necessario rilanciare il tema del conflitto tra domanda di spazi per insediamenti e mantenimento dei caratteri rurali e naturali, tanto più preziosi quanto sempre più rari. Allo stesso modo si impone la necessità di politiche nuove di riorganizzazione dell’assetto delle città, capaci di fornire risposte adeguate alle esigenze dei cittadini e delle imprese”.
Un tema ineludibile per la nascente città metropolitana, che dovrà affrontare di petto l’insaziabile erosione del suolo e soprattutto attivarsi per la salvaguardia e la riqualificazione del territorio.