Quel falò di Sant’Antonio
che difende il Parco Sud
dai famelici predatori
Ritorno alla natura, ai campi, alla tradizione. E gli antichi riti riprendono nuova vita con sempre maggiore partecipazione.
Così, anche quest’anno -tra il 15 e il 20 gennaio – si rinnova il rito del Falò di sant’Antonio Abate. Un festa così in crescendo da meritare una cornice come quella della galleria Vittorio Emanuele (Urban center) per presentare, proprio oggi 15 gennaio, alle 17,30, tutte le iniziative milanesi dedicate a questo santo.
La tradizione dei falò è davvero entrata anche in alcuni parchi pubblici di Milano: nel Parco delle Cave e in Boscoincittà, per esempio, si accompagna abitualmente a canti popolari, danze e alla degustazione di vin brulé.
Quel falò di Sant’Antonio
che difende il Parco Sud
dai famelici predatori
Ritorno alla natura, ai campi, alla tradizione. E gli antichi riti riprendono nuova vita con sempre maggiore partecipazione.
Così, anche quest’anno -tra il 15 e il 20 gennaio – si rinnova il rito del Falò di sant’Antonio Abate. Un festa così in crescendo da meritare una cornice come quella della galleria Vittorio Emanuele (Urban center) per presentare, proprio oggi 15 gennaio, alle 17,30, tutte le iniziative milanesi dedicate a questo santo.
La tradizione dei falò è davvero entrata anche in alcuni parchi pubblici di Milano: nel Parco delle Cave e in Boscoincittà, per esempio, si accompagna abitualmente a canti popolari, danze e alla degustazione di vin brulé.
Da secoli, presso Cascina Linterno e numerose altre cascine dell’ovest milanese, fa parte della tradizione il trarre auspici dal movimento della “barba” del santo, ovvero dalla fine sospensione di materiale incandescente che i contadini producono smuovendo con forche da fieno la brace del falò quando la fiamma viva del materiale combustibile si è spenta. Ma l’elenco delle località è ancora più lungo: dal Parco del Ticinello (qui si celebra il 16, alle 20,45, in ossequio al calendario liturgico che fa iniziare il nuovo giorno non alla mezzanotte, ma poco dopo il tramonto) a Rosate, da Settimo Milanese a Cusago, Arluno, Albairate, Gaggiano, Vanzago, Corbetta e chissà quanti Comuni e frazioni mancano all’appello (per altri appuntamenti guardate alla sezione Iniziative)
Partecipare, sia per i credenti sia per i meno religiosi, è anche un modo per “bruciare” l’anno vecchio e gioire in compagnia, degustando nel freddo dell’inverno, un buon bicchiere di vin brulé.
Riti antichissimi
Il secondo motivo è che è una ricorrenza estremamente sentita nel mondo contadino, non tanto per la vita del Santo (patriarca del monachesimo ascetico in Egitto del 300 d.C.), quanto nei riti a lui connessi, che si richiamano alle tradizioni precristiane e celtiche, in particolare. Iniziamo dal fuoco che si accende la sera, con i suoi molteplici significati: segno potente per esorcizzare il lungo e buio inverno e per “aiutare” la luce a rafforzarsi. “A Sant’Antoni un’ura bona”, era un detto del milanese, a commento soddisfatto che dal solstizio le giornate si sono un po’ allungate. Altro significato è la purificazione. Si brucia cioè ciò che resta del vecchio anno, compresi i mali e le malattie, a volte raffigurati da manichini, maschere e diavoli. Non è un caso che il Santo sia considerato guaritore dell’herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio”. Ma, più in generale, la tradizione popolare lo considera padrone del fuoco e custode dell’inferno, da cui riuscì a trafugare la fiamma grazie al maialino. Questo animale ci porta ad un’altra importante usanza della sera: la benedizione degli animali. Il maialino è un attributo della Grande Madre Cerere dei Romani, e la cerimonia ricalca analoghe cerimonie pagane di purificazione degli animali, tipiche del mese di gennaio. Il legame con il maiale è così forte che il Santo è considerato protettore dei fabbricanti di spazzole, fabbricate una volta con le setole suine. I fili che uniscono passato e presente in questa festa sono fortissimi: il maialino è anche la cristianizzazione del cinghiale, attributo del dio celtico Lug che assicurava il ritorno della primavera e della luce, garante di fecondità e di nuova vita. Anche Pisanello, in un celebre quadro custodito oggi alla National Gallery di Londra, raffigurò l’eremita col cinghiale.
Vin brulè e cioccolata calda in compagnia
Tornando ai nostri giorni, la Festa di Sant’Antonio può rappresentare un’insolita maniera per avvicinarsi al mondo contadino e alle sue tradizioni. Il fuoco brucerà i resti del vecchio anno, con le delusioni e i mali passati, e nel contempo ci scalderà il cuore, complice canti, balli, vin brulé e cioccolata calda. Per stare insieme, parlare e – perché no – discutere, come già fatto lo scorso anno, se Sant’Antonio possa accettare di diventare Patrono del Parco Sud. E, riprendendo quest’idea, chiederemo al santo dei contadini di portare agli inferi i nemici di queste nostre belle terre agricole.