Cerba nel Parco Sud, 92 milioni di euro
per cementificare 620mila mq
Monaco Baviera ne chiederebbe 390
È di oggi, 13 novembre, la notizia che la Hines Italia “si è assunta l’onere di sviluppare il progetto per l’area Cerba”, il Centro europeo di ricerca biomedica, che rischia di nascere all’interno del Parco Agricolo Sud Milano. Bloccato dal Comune di Milano lo scorso giugno, in attesa di una proposta da parte dei curatori fallimentari del gruppo Ligresti, proprietario dei terreni, il progetto -così come oggi sulla carta- si svilupperebbe su quei 620.000 mq che racchiudono una enclave agricola estremamente rilevante, e irrinunciabile per una città che si accinge a celebrare un Expo dedicato proprio ai temi dell’agricoltura. Si parla anche di un nuovo progetto, che archivierebbe quello firmato dallo Studio Boeri, per far posto a una nuova ideazione dello Studio Gregotti.
I dati dell’accordo di programma, stipulato tra Regione Lombardia, Provincia e Comune, che risale ormai al 2007 prevedono, per un’opera di 1,300 miliardi di euro, il versamento di 92 milioni di euro per oneri di urbanizzazione, pari al 7% del valore del costruito. Un’elemosina se confrontati agli oneri di urbanizzazione che richiederebbero a Monaco di Baviera che pretende dalle immobiliari il 30% del valore dell’opera.
Cerba nel Parco Sud, 92 milioni di euro
per cementificare 620mila mq
Monaco Baviera ne chiederebbe 390
È di oggi, 13 novembre, la notizia che la Hines Italia “si è assunta l’onere di sviluppare il progetto per l’area Cerba”, il Centro europeo di ricerca biomedica, che rischia di nascere all’interno del Parco Agricolo Sud Milano. Bloccato dal Comune di Milano lo scorso giugno, in attesa di una proposta da parte dei curatori fallimentari del gruppo Ligresti, proprietario dei terreni, il progetto -così come oggi sulla carta- si svilupperebbe su quei 620.000 mq che racchiudono una enclave agricola estremamente rilevante, e irrinunciabile per una città che si accinge a celebrare un Expo dedicato proprio ai temi dell’agricoltura. Si parla anche di un nuovo progetto, che archivierebbe quello firmato dallo Studio Boeri, per far posto a una nuova ideazione dello Studio Gregotti.
I dati dell’accordo di programma, stipulato tra Regione Lombardia, Provincia e Comune, che risale ormai al 2007 prevedono, per un’opera di 1,300 miliardi di euro, il versamento di 92 milioni di euro per oneri di urbanizzazione, pari al 7% del valore del costruito. Un’elemosina se confrontati agli oneri di urbanizzazione che richiederebbero a Monaco di Baviera che pretende dalle immobiliari il 30% del valore dell’opera. Un evidente favore ai privati. È questa l’opinione del presidente Inu (Istituto nazionale di urbanistica) del Lazio, che nell’ambito della presentazione di uno studio, presentato il 28 ottobre 2013, in merito agli oneri che i Comuni italiani chiedono alle imprese ha affermato: “Quello che manca è il beneficio per la collettività: dai servizi alle infrastrutture. Un do ut des sbilanciato verso i costruttori. Una situazione insostenibile. Socialmente si scarica il finanziamento dei Comuni sulle famiglie attraverso l’Imu. Una denuncia, quella dell’Istituto di urbanistica, che risale già al 1995, tempo in cui suggeriva di “finanziare la città pubblica attraverso i plusvalori creati dalla trasformazione urbana”.
Il business della salute
Il business principale della Regione Lombardia (che rappresenta l’80% del bilancio regionale, pari a 21 miliardi) è la salute. Come sappiamo, la sanità si regge molto sui privati: e, infatti, 6 miliardi circa entrano ogni anno nelle loro casse. Cui si devono aggiungere le prestazioni erogate ai pazienti ‘emigrati’ in Lombardia da altre regioni, che non siamo in grado di quantificare, ma sappiamo essere di numero elevato.
Il nostro intento, comunque, non è quello di scagliarci contro la sanità privata, ma più semplicemente di evidenziare come il continuo fiorire di cliniche e ospedali denoti che si tratta certamente di un business redditizio. Un business che assicura introiti in costante crescita, di anno in anno. Perché le cliniche private guadagnano con le con le analisi, gli esami clinici, con le visite, i ricoveri, i rimborsi dalla sanità pubblica. Non esauriscono le loro performance economiche con la vendita di un appartamento. I loro investimenti assicurano ingenti redditi per decenni e decenni.
E quindi, ragione di più per richiedere oneri di urbanizzazione più ragionevoli. Molto più ragionevoli.
Ribadiamo, la salute è un business per i privati e non è questa la sede per esprimere un giudizio etico su tutto questo. Possiamo però chiedere che venga individuato un altro luogo dove far nascere questo ennesimo polo di ricerca: il Parco Sud, infatti, è una preziosa area verde che deve essere tutelata: la città di Milano offre aree dismesse o sottoutilizzate che hanno maggiori servizi e infrastrutture e non sono territori verdi.
Tuteliamo una grande area agricola protetta
Per FAI, Legambiente e WWF, il Cerba deve sorgere in un’area dismessa della città. E lo scorso giugno, le tre grandi associazioni ambientaliste hanno inviato un appello al sindaco Giuliano Pisapia, al governatore Roberto Maroni e al presidente della Provincia Guido Podestà, firmato anche dall’Associazione per il Parco Sud Milano. “Ai politici -evidenziava l’appello- vogliamo mandare un messaggio forte e chiaro: la scommessa immobiliare del Cerba nel Parco Sud, dopo dieci anni di discussioni inconcludenti e il crack delle società di Ligresti, è arrivata al capolinea, mantenerla in vita artificialmente equivale a prolungare una minaccia che grava sul cuore di una grande area agricola protetta. Quella scommessa però contiene anche una sfida, un progetto scientifico e clinico che è da salvaguardare come polo di eccellenza, e che per questo deve trovare una sede più idonea e accessibile di quanto non lo siano i campi e le risaie che costeggiano via Ripamonti”.
I primi firmatari dell’appello sono stati 20 docenti di atenei milanesi (Statale, Bocconi, Politecnico e Cattolica), rappresentanti delle associazioni ambientaliste, da Giulia Maria Mozzoni Crespi a Marco Parini, presidente di Italia Nostra, esponenti di fondazioni e di istituti di alta cultura, come Marco Vitale e il presidente dell’INU Federico Oliva, professionisti come Ezio Antonini e Luca Beltrami Gadola, giornalisti e artisti come Ivan Berni e Stefano Belisari, in arte Elio.