Partono gli Stati Generali
del Parco Agricolo Sud Milano.
Per andare dove?
Allarme, allarme! Si riuniscono gli Stati Generali del Parco Sud. I francesi, inventori di queste assemblee, le indicevano quando incombevano gravi pericoli. Ma l’incontro dello scorso 27 ottobre, indetto dall’Ente Parco, non ha messo in evidenza nulla di tutto ciò, pur se i pericoli non mancano davvero, ed è stato invece caratterizzato da una sostanziale inconcludenza sulle finalità e sulle strategie dell’iniziativa, pur alla presenza del presidente Guido Podestà e di ben tre assessori provinciali.
Oltre due ore di qualificati interventi hanno lasciato buio fitto sullo scopo dell’operazione.
Partono gli Stati Generali
del Parco Agricolo Sud Milano.
Per andare dove?
Allarme, allarme! Si riuniscono gli Stati Generali del Parco Sud. I francesi, inventori di queste assemblee, le indicevano quando incombevano gravi pericoli. Ma l’incontro dello scorso 27 ottobre, indetto dall’Ente Parco, non ha messo in evidenza nulla di tutto ciò, pur se i pericoli non mancano davvero, ed è stato invece caratterizzato da una sostanziale inconcludenza sulle finalità e sulle strategie dell’iniziativa, pur alla presenza del presidente Guido Podestà e di ben tre assessori provinciali.
Oltre due ore di qualificati interventi hanno lasciato buio fitto sullo scopo dell’operazione.
Gli interventi alla presentazione
Dopo un breve saluto di padre Stefano, priore di Chiaravalle, che ospitava l’incontro nella bella sala del Mulino, Guido Podestà, presidente della Provincia e del Parco Agricolo Sud Milano, ha parlato di avvio di un periodo di riflessione. Molti gli argomenti toccati, con considerazioni generiche anche se in gran parte condivisibili: la più significativa è il riconoscimento che si tratta di “un Parco voluto e nato su proposta dei cittadini”, dichiarazione non scontata, perché riconosce il merito delle tante realtà territoriali che hanno lavorato con l’Associazione per il Parco Sud Milano alla realizzazione di questa grande area protetta.
Pasquale Maria Cioffi, direttore del Parco, ci ha rassicurato sulla presenza di tutti gli stakeholder ai 7 tavoli, i cui lavori, coordinati dagli assessori provinciali all’Agricoltura, all’Ambiente e al Territorio, confluiranno poi in una sessione plenaria.
Gli interventi di questi tre assessori non hanno chiarito molto sui contenuti e, anzi, in qualche caso hanno destato qualche perplessità.
Luca Agnelli, assessore Agricoltura e Parchi (escluso il Parco Sud), ha sottolineato “la necessità di uscire dallo stereotipo che spesso lega l’agricoltura all’immagine della fattoria di nonna papera”. Accettabile rimarcare la figura dell’agricoltore imprenditore e difendere l’agricoltura intensiva, ma spingersi sino a vantare la produzione di biogas ci è sembrato davvero eccessivo: se gli Stati Generali devono discutere se i terreni agricoli del Parco Sud siano vocati a produrre alimenti oppure energia stiamo freschi. Nel complesso si è trattato di una difesa d’ufficio generica del settore, senza evidenziare le profonde trasformazioni in atto verso un’agricoltura di servizio al territorio, che possono essere la scommessa per il futuro del Parco. Eppure Podestà aveva evidenziato, ad esempio, che “sempre più giovani, con elevata istruzione, stanno entrando nel settore agricolo. Vent’anni fa, l’agricoltore era un lavoro per vecchi. Oggi non è più così”.
Cristina Stancari, assessore Ambiente, Sport e Tempo Libero, ha parlato di tutto tranne che delle strategie ambientali nel Parco Sud: ha spaziato dai Future Camp, dove ai giovani sono state presentate le professioni con maggiori sbocchi lavorativi, all’educazione ambientale nelle scuole e ai progetti di piantumazione. Quando è entrata più nel concreto, ha citato la Tem e la Brebemi: ma non come problematiche, bensì come occasioni di sviluppo. Avendo anche accennato delle cave di prestito legate a queste opere, forse intendeva allo sviluppo delle attività dei cavatori, la cui presenza è quantomeno problematica con le finalità del Parco.
Franco De Angelis, assessore Pianificazione del Territorio, è stato più concreto, ma non più tranquillizzante. Il prossimo Ptcp, sorta di piano regolatore provinciale, indicherà gli ambiti agricoli strategici anche nelle aree a parco: notizia positiva, a meno che non significhi che nei parchi non si creino aree difese al meglio, quelle strategiche, e le altre di serie b, pronte per la prossima svendita di suolo. Si è soffermato inoltre sui Piani di Cintura Urbana (PCU), strumenti di pianificazione delle aree più vicine ai margini della città mai avviati in vent’anni di Parco Sud. Per la redazione dei PCU saranno chiamati a collaborare tutti i soggetti interessati, che secondo l’assessore sono l’Ente Parco, la Provincia, i Comuni e… i privati. Speriamo intendesse gli agricoltori e non i proprietari dei terreni, da decenni in gran parte in mano alle immobiliari, alla finanza e ad altri soggetti lontani anni luce dal mondo agricolo. Altrimenti è facile immaginare richieste di nuovi centri commerciali e residenziale, erodendo così gli ultimi spazi agricoli periurbani. Altra affermazione sorprendente è stata che i Comuni sono sensibili oggi al consumo di suolo vergine. Forse gli è sfuggito che la stragrande maggioranza dei comuni del Parco Sud ha approvato Piani di Governo faraonici, pronti ad accogliere nuova popolazione pari al 30, 40, 50 e più per cento dell’esistente.
Qualche significativa anomalia
L’incontro si è tenuto nella suggestiva sala del Mulino di Chiaravalle, splendidamente recuperata, ma con una capienza di una cinquantina di persone. Decisamente troppo piccola, considerato il numero e l’importanza dei relatori (oltre ai già citati, è intervenuta anche Ada De Cesaris, vicesindaco di Milano, città che incunea grandi aree del Parco nel proprio territorio).
Ma forse non si desiderava una grande affluenza. L’invito è stato rivolto a tutti i sindaci del Parco e allo stuolo di associazioni e soggetti che interagiscono col Parco, ma solo tre giorni prima dell’evento! Forse così si spiega la quasi totale assenza di sindaci e delle associazioni. Ma anche dei membri del Direttivo del Parco e del presidente dell’Assemblea dei Sindaci Andrea Checchi, pure previsto al tavolo dei relatori. Nessun materiale è stato diffuso ai presenti e alla stampa, eppure l’evento degli Sati Generali si preannuncia complesso e articolato: un caleidoscopio di incontri e tavoli di lavoro, che è possibile al momento vedere in una pagina interna nel sito dell’Ente Parco (http://www.provincia.mi.it/parcosud/doc/evidenza/programma%20stati%20generali.pdf).
Dissapori nell’organizzazione forse, che si aggiungono alla mancanza di chiarezza sugli scopi.
Raccogliere la sfida?
Il Parco è di fronte a problemi esiziali, che ne mettono in discussione la sopravvivenza. Ad esempio, chi gestirà l’Ente dal 1° gennaio prossimo, quando la Provincia collasserà in una città metropolitana? E ancora, perché nessun comune è riuscito in 20 anni ad aggiungere un pezzo di proprio territorio nel Parco, mentre le maxi cancellazioni sono state ben tre?
Si indicono gli Stati Generali per sentire e coinvolgere i soggetti portatori di interessi (i cosiddetti stakeholder): ma quali interessi? E di chi? In questi anni l’Ente gestore ha tenuto in grande considerazione le richieste di costruttori e di chi vorrebbe monetizzare il suolo del Parco. Nel frattempo le problematiche del Parco sono rimaste irrisolte, a partire dalla mancanza di Piani di fruizione fino allo stato di degrado ambientale per cui poco si fa per contrastarlo.
A che scopo quindi questi Stati Generali? Per dare nuova linfa o per parlarci addosso? Lasciando poi agli immobiliaristi -portatori di interessi forti, ma a noi occulti- il compito di decidere per tutti?
“ Il Parco ha bisogno di ben altro che di Stati Generali -afferma Kisito Prinelli, presidente dell’Associazione per il Parco Sud Milano-. Temiamo che questi servano ad aumentare il dialogo tra la classe politica e i proprietari terrieri. A breve ci confronteremo tra noi e con le altre realtà del territorio per decidere se dare il nostro contributo critico ad ogni tavolo o non partecipare a questa operazione che non brilla per chiarezza”.
A nostro avviso, il Parco ha bisogno di piani di fruizione, incentivi ad una agricoltura di qualità e non alla produzione di energie da alimenti, un serio recupero storico e paesaggistico, una riqualificazione ambientale come previsto dalla Comunità Europea, una maggiore omogeneità territoriale.
Le parole chiave non possono certamente essere “infrastrutture”, “ambiti più strategici di altri” o “privati”.
La sensazione è che questa iniziativa sia la solita inconcludente vetrina politica di belle parole, mero marketing politico. Non ci piace essere sempre considerati disfattisti e “quelli del No”, ma neanche è utile avventurarsi in un lavoro comune se non sono chiari gli obiettivi e le ricadute per il Parco Sud.