30 milioni, briciole per il territorio!
Ma 330 milioni per la Tem.
E poi si piange ai funerali
delle vittime di frane e alluvioni
Alluvioni, frane, smottamenti provocano in Italia danni per circa un miliardo l’anno (dati Istat). E, stando alle stime del ministro all’ambiente Orlando, solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero 11 miliardi. Lo scorso 4 ottobre, la Commissione Ambiente della Camera aveva approvato, all’unanimità, un piano di 500 milioni di euro l’anno. “La risoluzione -come spiegava Ermete Realacci, presidente della commissione, appena dopo l’approvazione del piano- impegna inoltre l’esecutivo a inserire tra le priorità della politica comune europea anche la prevenzione e la tutela del territorio dal rischio idrogeologico, garantendo a tale priorità finanziamenti adeguati. Un Piano nazionale di prevenzione del rischio idrogeologico e messa in sicurezza del territorio è la sola ‘grande opera’ che serve al Paese per tutelare il nostro fragile suolo, garantire maggiore sicurezza ai cittadini e attivare migliaia di cantieri, con ricadute importanti anche sull’occupazione”.
E cos’ha deciso il Governo a fronte di tutto questo? Di stanziare un obolo di 30 milioni! Ma per un’opera devastante, che impermeabilizza 700 ettari di territorio agricolo, si regalano 330 milioni a fondo perduto. Un’infrastruttura, ricordiamo, che -così continuano a classificarla i vari Maullu e Podestà- avrebbe dovuto essere in project financing, ovvero realizzata con capitali privati.
Cari politici, con la vostra indifferenza e insensibilità ai reali problemi del Paese, “Non avete diritto di piangere” in maniera ipocrita ai funerali delle vittime delle alluvioni e delle frane (vedi il coinvolgente video del mese nel sito dell’associazione).
30 milioni, briciole per il territorio!
Ma 330 milioni per la Tem.
E poi si piange ai funerali
delle vittime di frane e alluvioni
Alluvioni, frane, smottamenti provocano in Italia danni per circa un miliardo l’anno (dati Istat). E, stando alle stime del ministro all’ambiente Orlando, solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero 11 miliardi. Lo scorso 4 ottobre, la Commissione Ambiente della Camera aveva approvato, all’unanimità, un piano di 500 milioni di euro l’anno. “La risoluzione -come spiegava Ermete Realacci, presidente della commissione, appena dopo l’approvazione del piano- impegna inoltre l’esecutivo a inserire tra le priorità della politica comune europea anche la prevenzione e la tutela del territorio dal rischio idrogeologico, garantendo a tale priorità finanziamenti adeguati. Un Piano nazionale di prevenzione del rischio idrogeologico e messa in sicurezza del territorio è la sola ‘grande opera’ che serve al Paese per tutelare il nostro fragile suolo, garantire maggiore sicurezza ai cittadini e attivare migliaia di cantieri, con ricadute importanti anche sull’occupazione”.
E cos’ha deciso il Governo a fronte di tutto questo? Di stanziare un obolo di 30 milioni! E cos’ha deciso il Governo a fronte di tutto questo? Di stanziare un obolo di 30 milioni! Ma per un’opera devastante, che impermeabilizza 700 ettari di territorio agricolo in gran parte ne Parco Sud, si regalano 330 milioni a fondo perduto. Un’infrastruttura, ricordiamo, che -così continuano a classificarla i vari Maullu e Podestà- avrebbe dovuto essere in project financing, ovvero realizzata con capitali privati.
Cari politici, con la vostra indifferenza e insensibilità ai reali problemi del Paese, “Non avete diritto di piangere” in maniera ipocrita ai funerali delle vittime delle alluvioni e delle frane (vedi il coinvolgente video del mese nel sito dell’associazione).
I numeri del disastro idrogeologico
“Ma è questo il modo di rendere omaggio alle vittime di quella strage provocata dall’insipienza, dalla sciatteria, dalla superficialità con cui fu trattata la natura? Non ci sono soldi per difendere oggi il fragile suolo nazionale, dice la legge di stabilità. Punto. Discussione chiusa. E la cosa pare non avere scandalizzato nessuno”, sottolinea Gian Antonio Stella dalle pagine del Corriere della Sera dello scorso 20 ottobre.
Eppure, i numeri scritti nella risoluzione del 4 ottobre della Commissione Ambiente dovrebbero mettere in moto le coscienze di chi ci governa. In Italia, vi si legge: “La gravità del problema appare altresì evidente, se si pensa che, a partire dall’inizio del secolo scorso, gli eventi di dissesto idrogeologico gravi in Italia sono stati oltre 4.000 e hanno provocato ingenti danni a persone, case e infrastrutture, ma, soprattutto, hanno provocato circa 12.600 morti, mentre il numero dei dispersi, dei feriti e degli sfollati supera i 700 mila”. E la situazione, come evidenziano i disastri e i lutti più recenti che hanno colpito l’Italia da Nord a Sud, si stanno acutizzando: “Gli effetti conseguenti ai cambiamenti climatici in atto sono ormai tali che gli eventi estremi in Italia hanno subito un aumento esponenziale, passando da uno circa ogni 15 anni, prima degli anni 90, a 4-5 l’anno”.
La risoluzione ricorda anche che “le aree a elevata criticità idrogeologica (rischio frana e/o alluvione) rappresentano circa il 10% della superficie del territorio nazionale (29.500 km quadrati) e riguardano l’81,9% dei comuni (6.633); in esse vivono 5,8 milioni di persone (9,6% della popolazione nazionale), per un totale di 2,4 milioni di famiglie; in tali aree si trovano oltre 1,2 milioni di edifici e più di 2/3 delle zone esposte a rischio interessa centri urbani, infrastrutture e aree produttive”.
Inoltre: “la pericolosità degli eventi naturali è senza dubbio amplificata dall’elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano: oltre il 60 per cento degli edifici -circa 7 milioni- è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica per le costruzioni e, di questi, oltre 2,5 milioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione e, quindi, più esposti ai rischi idrogeologici”.
E, ancora. “il progetto Iffi (Inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall’Ispra e dalle Regioni e Province autonome, ha censito ad oggi oltre 486 mila fenomeni franosi, il 68 per cento delle frane europee si verifica in Italia. Inoltre, il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base dei dati dell’Ispra, ha valutato che il costo complessivo dei danni provocati dagli eventi franosi e alluvionali dal 1951 al 2009, rivalutato in base agli indici Istat al 2009, risulta superiore a 52 miliardi di euro, quindi circa un miliardo di euro all’anno e, complessivamente, più di quanto servirebbe per realizzare l’insieme delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico sull’intero territorio nazionale, individuate nei piani stralcio per l’assetto idrogeologico e quantificate in 40 miliardi di euro”.
Parole, parole, parole
I geologi vengono sempre interpellati a evento già accaduto. “Sebbene studi di settore abbiano evidenziato che riparare i danni costa in media 10 volte in più che prevenirli -ha ribadito ancora nel 2012 Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi- purtroppo la prevenzione è ancora un’eccezione ed il modo in cui vengono affrontati i problemi di dissesto idrogeologico nel Paese è sempre quello delle misure tampone ed emergenziali di protezione civile, ad evento accaduto”.
Ma la classe dirigente, come conferma ora e come ha dimostrato in molti decenni, non ha la lungimiranza di investire in prevenzione. E continua invece a pensare al territorio come un bene da sfruttare per gli amici imprenditori, per concedere grandi opere inutili che asfaltano le campagna rendendo l’Italia sempre più impermeabile, continuando imperterrita nella corsa alla distruzione del nostro patrimonio comune.
(24 ottobre 2013)