Ci vuole un Patrono
per il Parco Sud Milano
Molti di coloro che lottano per la difesa del territorio qualche volta, scoraggiati, hanno pensato che non resta che affidarsi ai Santi. Credenti o laici che siate, valutiamo insieme la possibilità di ergere Sant’Antonio abate a Patrono del nostro martoriato Parco.
I motivi? Partiamo da quelli pratici. I Falò e l’eventuale annessa benedizione degli animali sono un’usanza quanto mai diffusa dalle nostre parti. Lo testimonia anche Wikipedia, che alla voce falò cita: “nel territorio circostante Milano i falò si accendono in prossimità del 17 gennaio, ricorrenza di S. Antonio abate, da cui la festa prende il nome popolare di Falò di S. Antonio. Il fuoco costituisce uno degli attributi iconografici legati alla figura di S. Antonio… La tradizione dei falò è tuttora viva persino in alcuni parchi pubblici di Milano: nel Parco delle Cave e nel Boscoincittà si accompagna abitualmente a canti popolari, danze e alla degustazione di vin brulé. Da secoli, presso Cascina Linterno e numerose altre cascine dell’ovest milanese, fa parte della tradizione il trarre auspici dal movimento della “barba” del santo, ovvero dalla fine sospensione di materiale incandescente che i contadini producono smuovendo con forche da fieno la brace del falò quando la fiamma viva del materiale combustibile si è spenta.”
Ci vuole un Patrono
per il Parco Sud Milano
Molti di coloro che lottano per la difesa del territorio qualche volta, scoraggiati, hanno pensato che non resta che affidarsi ai Santi. Credenti o laici che siate, valutiamo insieme la possibilità di ergere Sant’Antonio abate a Patrono del nostro martoriato Parco.
I motivi? Partiamo da quelli pratici. I Falò e l’eventuale annessa benedizione degli animali sono un’usanza quanto mai diffusa dalle nostre parti. Lo testimonia anche Wikipedia, che alla voce falò cita: “nel territorio circostante Milano i falò si accendono in prossimità del 17 gennaio, ricorrenza di S. Antonio abate, da cui la festa prende il nome popolare di Falò di S. Antonio. Il fuoco costituisce uno degli attributi iconografici legati alla figura di S. Antonio… La tradizione dei falò è tuttora viva persino in alcuni parchi pubblici di Milano: nel Parco delle Cave e nel Boscoincittà si accompagna abitualmente a canti popolari, danze e alla degustazione di vin brulé. Da secoli, presso Cascina Linterno e numerose altre cascine dell’ovest milanese, fa parte della tradizione il trarre auspici dal movimento della “barba” del santo, ovvero dalla fine sospensione di materiale incandescente che i contadini producono smuovendo con forche da fieno la brace del falò quando la fiamma viva del materiale combustibile si è spenta.”
Ma l’elenco delle località è ancora più lungo: dal Parco del Ticinello (qui si celebra il 16, in ossequio al calendario liturgico che fa iniziare il nuovo giorno non alla mezzanotte, ma poco dopo il tramonto) a Rosate, da Settimo Milanese a Cusago, Arluno, Albairate, Vanzago, Corbetta e chissà quanti Comuni e frazioni mancano all’appello.
Riti antichissimi
Il secondo motivo è che è una ricorrenza estremamente sentita nel mondo contadino, non tanto per la vita del Santo (patriarca del monachesimo ascetico in Egitto del 300 d.C.), quanto nei riti a lui connessi, che si richiamano alle tradizioni precristiane e celtiche, in particolare.
Iniziamo dal fuoco che si accende la sera, con i suoi molteplici significati: segno potente per esorcizzare il lungo e buio inverno e per “aiutare” la luce a rafforzarsi. “A Sant’Antoni un’ura bona”, era un detto del milanese, a commento soddisfatto che dal solstizio le giornate si sono un po’ allungate.
Altro significato è la purificazione. Si brucia cioè ciò che resta del vecchio anno, compresi i mali e le malattie, a volte raffigurati da manichini, maschere e diavoli. Non è un caso che il Santo sia considerato guaritore dell’herpes zoster, il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio”. Ma, più in generale, la tradizione popolare lo considera padrone del fuoco e custode dell’inferno, da cui riuscì a trafugare la fiamma grazie al maialino.
Questo animale ci porta ad un’altra importante usanza della sera: la benedizione degli animali. Il maialino è un attributo della Grande Madre Cerere dei Romani, e la cerimonia ricalca analoghe cerimonie pagane di purificazione degli animali, tipiche del mese di gennaio. Il legame con il maiale è così forte che il Santo è considerato protettore dei fabbricanti di spazzole, fabbricate una volta con le setole suine.
I fili che uniscono passato e presente in questa festa sono fortissimi: il maialino è anche la cristianizzazione del cinghiale, attributo del dio celtico Lug che assicurava il ritorno della primavera e della luce, garante di fecondità e di nuova vita.
Anche Pisanello, in un celebre quadro custodito oggi alla National Gallery di Londra, raffigurò l’eremita col cinghiale.
Vin brulè e cioccolata calda in compagnia
Tornando ai nostri giorni, la Festa di Sant’Antonio può rappresentare un’insolita maniera per avvicinarsi al modo contadino e alle sue tradizioni. Il fuoco brucerà i resti del vecchio anno, con le delusioni e i mali passati, e nel contempo ci scalderà il cuore, complice canti, balli, vin brulè e cioccolata calda.
Per stare insieme, parlare e – perché no – discutere se Sant’Antonio possa veramente diventare Patrono del Parco Sud.
E portare agli inferi i nemici di queste nostre terre agricole.