L’Humanitas di Rozzano raddoppia.
Come morire di traffico per amore della salute
Per chi non fosse della zona, l’Istituto Humanitas di Rozzano, nell’arco di circa 20 anni, tra nuovi reparti e parcheggi, ha praticamente raddoppiato la sua superficie, insinuandosi comodamente anche in aree del Parco Sud. E in progetto c’è un’estensione di circa 200mila mq sul confinante Comune di Pieve.
Ovviamente, quando si parla di sanità, tutti fanno tanto di cappello. Anche noi, pur senza molta convinzione: perché, per esempio, non costruire strutture efficienti al centro sud Italia, evitando il drammatico e costoso “turismo per la salute”, business tanto caro al Celeste Formigoni, ma che costringe i malati a viaggi estenuanti con costi esorbitanti per le persone che li accompagnano nella super efficiente Milano-Lombardia? Non è questo, però, il contesto per affrontare una tematica che avrebbe bisogno di analisi approfondite.
L’Humanitas di Rozzano raddoppia.
Come morire di traffico per amore della salute
Per chi non fosse della zona, l’Istituto Humanitas di Rozzano, nell’arco di circa 20 anni, tra nuovi reparti e parcheggi, ha praticamente raddoppiato la sua superficie, insinuandosi comodamente anche in aree del Parco Sud. E in progetto c’è un’estensione di circa 200mila mq sul confinante Comune di Pieve.
Ovviamente, quando si parla di sanità, tutti fanno tanto di cappello. Anche noi, pur senza molta convinzione: perché, per esempio, non costruire strutture efficienti al centro sud Italia, evitando il drammatico e costoso “turismo per la salute”, business tanto caro al Celeste Formigoni, ma che costringe i malati a viaggi estenuanti con costi esorbitanti per le persone che li accompagnano nella super efficiente Milano-Lombardia? Non è questo, però, il contesto per affrontare una tematica che avrebbe bisogno di analisi approfondite.
Il deficit della viabilità
L’ulteriore espansione dell’Istituto Humanitas (su aree completamente vergini a ridosso del Parco Sud, ma fuori dalle aree protette) prevede l’insediamento di un nuovo complesso denominato Campus della Pieve (vedi cartina). Gli edifici, alti fino a 7 piani, sono destinati a infrastrutture ospedaliere e ad attività di ricerca e didattica.
A preoccupare, anche in questo caso (vedasi il Cerba, per esempio, che per altro, rispetto al Campus, dista una decina di km in linea d’aria) è la mobilità, in un’area già altamente congestionata e che per di più prevede incrementi residenziali stratosferici.
Per il progetto, l’Humanitas ha incaricato il PIM, Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana, ad effettuare studi sulla viabilità: in sintesi solo qualche nuova rotatoria sull’asse viario Milano-Rozzano-Basiglio-Pieve Emanuele.
Il Pgt di Pieve Emanuele, in fase di approvazione, che ricalca pesantemente quello lasciato in sospeso dalla Giunta precedente uscita di scena a maggio, non prevede granché sul tema: “Le opere pubbliche legate agli interventi di maggiore scala (Campus della Pieve, conferma della area a destinazione produttiva e artigianale), oltre che a soddisfare i diversi livelli di standard urbanistico, sono prioritariamente rivolte al ridisegno dei percorsi viabilistici che devono acquisire una gerarchia chiara, che consenta di ridare ordine agli spazi compromessi dalla sovrapposizione susseguitasi nel tempo dei differenti tessuti di carattere produttivo”. E le mappe relative alla viabilità, per quest’area, oltre a una pista ciclabile, riprendono i “suggerimenti” del Pim: cioè qualche rotatoria. Qualcuno ha calcolato l’impatto aggiuntivo della nuova struttura in termini di numero delle persone che quotidianamente si recano in questo mega ospedale? Forse il prolungamento della linea tranviaria o una metro leggera non sarebbe opportuna? Inoltre, essendo un’estensione del corpus principale dell’Humanitas di Rozzano, non potrebbero i diversi Comuni coinvolti studiare congiuntamente una soluzione più consona?
Come si diceva, non siamo “contro” lo sviluppo di strutture sanitarie, ma prima di procedere, occorrerebbe ben valutare e porre rimedio all’aggravio del deficit di viabilità che tale progetto comporta. O dobbiamo per forza, per amore della salute, morire di traffico?