Monti scopre la tutela del territorio
e propone una legge ad hoc
Uno spiraglio per la difesa del territorio è stato forse aperto dalle lunghe battaglie delle associazioni ambientaliste e, in particolare, dalle iniziative del Forum Salviamo il Paesaggio. Inaspettatamente dai tecnici-professori di un Governo, che è quanto mai lontano dalla sensibilità ambientale, arriva un disegno di legge sulla salvaguardia del suolo. Abbozzato a fine luglio da una dichiarazione del ministro dell’Agricoltura Mario Catania, il 14 settembre è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e sostenuto con enfasi da Mario Monti (foto LaPresse).
Il provvedimento punta a garantire l’equilibrio tra i terreni agricoli e le zone edificate o edificabili, ponendo un limite massimo al consumo di suolo e stimolando il riutilizzo delle zone già urbanizzate. Promuove inoltre l’attività agricola, riconoscendole il ruolo di salvaguardia del territorio e di contribuire a diminuire il rischio di dissesti idrogeologici. Non ultimo, abroga la norma che oggi permette ai Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare i servizi ai cittadini.
Monti scopre la tutela del territorio
e propone una legge ad hoc
Uno spiraglio per la difesa del territorio. L’ultima novità viene inaspettatamente dai tecnici-professori di un Governo che è quanto mai lontano dalla sensibilità ambientale: ciò che a fine luglio era poco più di una dichiarazione del ministro dell’Agricoltura Mario Catania, il 13 settembre è divenuto un disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri e sostenuto con enfasi da Mario Monti (foto LaPresse).
Eccone i punti salienti. All’art. 2, comma 1 si legge “È determinata l’estensione massima di superficie agricola edificabile sul territorio nazionale, tenendo conto dell’estensione e della localizzazione dei terreni agricoli rispetto alle aree urbane, dell’estensione del suolo che risulta già edificato, dell’esistenza di edifici inutilizzati, dell’esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche e della possibilità di ampliare quelle esistenti, invece che costruirne di nuove“.
Si vuole quindi porre un freno al consumo di suolo, quantificando l’estensione massima, a livello nazionale, delle superfici agricole sulle quali poter costruire, e contestualmente puntare sul riuso degli edifici già esistenti, ristrutturando e ammodernando, piuttosto che aggredire ulteriormente il territorio con nuovi progetti, spesso di dubbia utilità.
Rilevante anche l’art. 3: “I terreni agricoli in favore dei quali sono stati erogati aiuti di Stato o aiuti comunitari non possono avere una destinazione diversa da quella agricola per almeno dieci anni dall’ultima erogazione. Negli atti di compravendita dei suddetti terreni deve essere espressamente richiamato il vincolo indicato nel comma 1, pena la nullità dell’atto“. Un freno a eventuali mire speculative su suoli liberi, con chiare sanzioni pecuniarie, ma soprattutto con “la sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi“.
L’art. 6 propugna poi una rivoluzione: abroga la norma che oggi permette ai Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione, cioè le tasse per poter costruire, per finanziare la spesa corrente, ovvero i servizi erogati ai cittadini. Si rompe così un giocattolo utilizzato a man bassa da tantissimi sindaci, impedendo la svendita alla speculazione di intere aree dei nostri territori, sacrificate sull’altare dei debiti e della mala politica.
La spinta viene dal basso
In un Paese devastato dal cemento come l’Italia, con una tutela del suolo quanto mai debole, l’iniziativa del Ministro Catania è benvenuta. Lo testimonia il giudizio positivo del Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio (www.salviamoilpaesaggio.it), nato in un’affollatissima assemblea il 29 ottobre 2011 a Cassinetta di Lugagnano, con lo slogan Salviamo il paesaggio. Il Forum, che oggi conta 131 comitali locali, ha l’adesione di 725 organizzazioni, tra cui 74 associazioni nazionali. L’aggregazione ha un unico scopo: salvare il paesaggio e il territorio italiano dalla deregulation e dal cemento selvaggio. Perché negli ultimi 30 anni abbiamo cementificato un quinto dell’Italia, circa 6 milioni di ettari. Perché in Italia ci sono 10 milioni di case vuote, eppure si continua a costruire. Perché i suoli fertili sono una risorsa preziosissima e non rinnovabile. E li stiamo perdendo per sempre.
Le azioni del Forum si sono orientate su tre temi: il censimento in tutti i Comuni italiani degli edifici sfitti o non utilizzati, una campagna di comunicazione nazionale e una proposta di legge di iniziativa popolare.
I primi due temi sono partiti subito e stanno maturando qualche frutto. Migliaia e migliaia sono stati i questionari spediti, i solleciti, le interpellanze, ma le risposte sono ancora davvero esigue: 177 i Comuni che hanno finora risposto, di cui solo 60 in maniera completa, 62 in maniera parziale e 55 negativamente (impossibilità di avere il dato per i tempi, costi, ecc.).
La pochezza dei nostri Amministratori è generalizzata, ma grazie anche alla campagna di sensibilizzazione, il numero dei Comuni virtuosi cresce: Cassinetta di Lugagnano non è più un caso isolato e decine di comuni hanno scelto di fermare il consumo di suolo. Desio è andata addirittura oltre la “crescita 0”, cancellando espansioni edilizie già programmate in precedenti piani.
Fidarsi o non fidarsi?
Ottenere un’efficace tutela del suolo è una battaglia lunga, che ha bisogno di tanti apporti e anche di allargamenti di campo. E qui, come detto, le sorprese non stanno mancando.
Fa impressione però che questo disegno di legge venga alla luce da un Governo che annovera Corrado Passera come mega ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti del governo Monti, strenuo difensore di una politica “vecchia” basata su grandi opere, trivellazioni petrolifere in acque profonde e quant’altro. Strumenti certamente adeguati per combattere la crisi del 1929, ma non quella dei giorni nostri.
E’ perciò quasi sorprendente leggere le dichiarazioni ai media di Mario Monti, quanto mai chiare e senza fraintendimenti: “L’obiettivo principale è di garantire l’equilibrio tra i terreni agricoli e le zone edificabili ponendo un limite massimo al consumo del suolo e stimolando il riutilizzo di zone già urbanizzate. Inoltre il ddl mira a promuovere l’attività agricola. Quindi potete cogliere l’insieme di ragioni per le quali al sottoscritto, che non ha competenze specifiche, questo è parso un provvedimento particolarmente significativo e riassuntivo dei rimedi ai molti mali che caratterizzano l’Italia, l’economia italiana e il suolo. Forse avremmo dovuto metterlo nel nostro primo provvedimento Salva Italia”.
“In 40 anni – ha aggiunto il premier – è stata cementificata un’area pari a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, passando da 18 a 13 milioni di ettari di superficie agricola. Ma sono molteplici le ricadute negative a cui questo provvedimento vuole porre fine: la prima è la perdita di superficie agricola e la conseguente riduzione della produzione che impedisce al paese di soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale e aumenta la dipendenza dall’estero. Una situazione resa più preoccupante dal fatto che le zone rurali con maggior tasso di cementificazione sono le più fertili, come la Pianura Padana”.
Forse queste dichiarazioni e lo stesso decreto stanno a significare che una parte del gotha capitalistico italiano non crede più nello sviluppo basato sulla “cura del cemento”. Ne è un segnale esplicito anche la dichiarazione di Ance (l’associazione degli imprenditori edili) dell’aprile di quest’anno: “Come più volte sostenuto dall’associazione degli edili, l’unica eccezione per consentire la ripresa può essere rappresentata dalla trasformazione urbana e dalla riqualificazione delle città attraverso gli interventi di demolizione e ricostruzione del patrimonio esistente”.
Saranno i fatti a stabilire se le nostre speranze si tradurranno in realtà e se il disegno diventerà una legge efficace, in questa legislatura.
Non possiamo però semplicemente fidarci della lungimiranza dei poteri forti: proprio in questa fase è necessaria la massima pressione e attenzione dal basso. La speculazione non dorme mai e tanti sono ancora gli ostacoli da superare. Ma la posta è alta: avere uno strumento normativo efficace per tutelare il suolo, il più importante dei beni comuni.